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VERSO UN’ECONOMIA DELLA CURA

“Ho sentito che in questo nostro mondo da un po’ di tempo malato era venuto il momento di parlare di cura” Una sintesi dell’ultimo libro scritto da Alewssandra Morelli.

Per trent’anni funzionaria dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, impegnata sul campo in negoziazioni e operazioni umanitarie, dal Guatemala alla Somalia, dallo Yemen all’Indonesia al Niger Alessandra Morelli è stata testimone e protagonista nei teatri di guerra.  Parlare con lei significa comprendere e condividere l’umana essenza della nostra vita che ha vissuto e interiorizzato attraverso il suo lungo percorso di vita a contatto con la sofferenza a testimonianza dei conflitti ancora aperti, la protezione dei rifugiati, i richiedenti asilo. 

Una sfida quotidiana che l’ha anche vista vittima di un attentato il 13 febbraio del 2014 quando, nel pieno delle sue funzioni, fù investita da un’autobomba.  Conclusa la sua carriera ONU nel 2021, ha scelto di rientrare in Italia e sviluppare un percorso sull’inclusione e sull’accoglienza per trasformare le diverse culture in ricchezza come forza umanizzante per la nostra società.

Nel suo ultimo libro “Verso un’economia della cura” ed, Ancora. Milano, la “cura” quale essenza della nostra vita viene rappresentata in dieci riflessioni che compongono le radici dei capitoli sull’umano essere. Un libro che rappresenta ciò che si nasconde nell’intimo più profondo. Una lettura irrinunciabile in questo momento; un viatico per una “rivoluzione di sguardo”.

Perché, come lei stessa dice, in tempi agitati e autocentrati della società odierna in un mondo in cui l’“homo oeconomicus” valuta che il dispiego di energie vada concentrato esclusivamente su ciò che gli offre un personale e singolare benessere, impegnato sul presente e senza alcuna riflessione sul futuro, è indispensabile recuperare il tema della cura, perché essa “rientra nell’ordine delle cose essenziali che nutrono la vita umana”.

Cosa rappresenta per lei la “cura” ?

“La cura è etica, nel significato più antico di “ethos” che significa residenza. Qualcosa che rimanda al creare un ambiente accogliente, relazionale, in cui il dono, la gratuità dei gesti garantiscono la prosecuzione e il senso stesso dell’esistenza. Ma la cura è anche “tempo” – come è scritto nella prefazione del volume – nel senso che nei gesti di cura saltano i processi e gli schemi temporali della vita ordinaria, dilatando e smaterializzando i momenti che trascorriamo nel gioco con i nostri figli, o nell’ascolto di un anziano malato.”

Quanto è importante questa cura nel tempo che stiamo vivendo?

“La cura è il fattore umanizzante della nostra società. È un tesoro che va “disseppellito con gentilezza”, Va tirato fuori affinchè diventi umana condivisione fondamento e costruzione per la nostra esistenza. Non può essere imposto.  

Piuttosto evocato, narrato con le parole, per disinnescare l’idea a volte inconsapevole e meschina ma presente in tutti noi, che impegnarci in una relazione possa impoverirci, Che il dare sia una privazione, Che sia meglio chiudersi e difendersi. L’idea della cura ci mostra la nostra vulnerabilità ma ci apre anche la possibilità di sopravvivere alle sofferenze, di ricordarci che siamo umani, tutti quanti. La sua pratica costante è la possibilità concreta per uscire dal ‘sistema guerra’ e recuperare una parola oggi troppo svuotata del suo profondo valore e che abbiamo disimparato ad ascoltare: la pace”.

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