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SENTENZA “DOBBS VS JACKSON WOMEN’S HEALTH ORGANIZATION”: UN PASSO INDIETRO LUNGO 50 ANNI

Nell’ultimo mese si è molto parlato in tutto il mondo del verdetto della Corte Suprema americana (definito sentenza Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization) di rovesciare la storica sentenza del 1973 “Roe vs Wade” che aveva definito costituzionale il diritto all’aborto negli USA.

Una decisione che, come previsto, ha creato fortissime polemiche e la spaccatura netta tra coloro che sono a favore dell’aborto e gli antiabortisti.

Secondo la nuova sentenza, la decisione di vietare o permettere la pratica dell’aborto è lasciata ai singoli Stati e, fin da subito, è stato chiaro che almeno 26 Stati avrebbero modificato le proprie regole, schierandosi tra coloro che, non riconoscendo il diritto all’aborto, ne avrebbero vietato la pratica. Si prevede che col passare del tempo, anche altri Stati inaspriranno le proprie leggi in materia di interruzione di gravidanza.

Leggi più o meno restrittive, che avranno un impatto sproporzionato su alcune fasce di popolazione già emarginate e discriminate, come le persone disabili, quelle che versano in situazioni di povertà, LGBTQIA+, giovani, immigrate, donne di colore.

Non sarà facile o possibile per le appartenenti a queste categorie e residenti negli Stati “proibizionisti”, sperare di poter percorrere centinaia di miglia per poter vedere rispettati i diritti sul proprio corpo, il diritto alla propria salute e quello di far nascere un bambino quando e se in possesso di risorse e capacità per assicurargli una vita degna.

Nell’immaginario comune gli Stati Uniti rappresentano un esempio di civiltà e progresso. L’America sembra essere il luogo dove tutto è possibile, dove milioni di nostri antenati hanno potuto iniziare una nuova vita, lasciandosi alle spalle povertà e stenti.

Ma quale è l’America che conosciamo e di cui sentiamo parlare? New York, Los Angeles, Washington, Boston. Per lo più sono questi gli Stati che ci arrivano ritratti attraverso le pellicole di Hollywood.

Ma la vera America, quella di cui si parla poco al di fuori dei suoi confini, è fatta di paesi e cittadine con una forte maggioranza di repubblicani, per lo più arretrati, alcuni dei quali hanno eliminato leggi razziali contro i cittadini di colore soltanto una sessantina di anni fa e, che a pochi giorni da una sentenza che fa ripiombare il Paese indietro di 50 anni, si sono affrettati a togliere alle donne il diritto di decidere sul proprio corpo e sul proprio futuro.

Ma le donne sono abituate a combattere per i propri diritti, lo fanno da centinaia di anni.

Grazie a questa forza, e con l’aiuto di tutti coloro che credono in questi diritti, non mancano le proteste, la sensibilizzazione pubblica e la condivisione di gesti simbolici e profondamente importanti.

Anche diversi deputati politici sono scesi in strada per protestare contro questa sentenza. Sono di poche settimane fa le immagini della deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez portata via dalle forze dell’Ordine mentre protestava pacificamente davanti alla Corte Suprema.

Diverso è il destino di chi è favorevole al divieto di abortire, lasciato libero di esprimersi, anzi invitato a farlo. Ne è un esempio quanto accaduto all’Università del Michigan, in cui durante il discorso di benvenuto ai nuovi studenti di medicina, questi hanno lasciato l’aula in segno di protesta, poiché a tenere il discorso sarebbe stata la docente Kristin Collier, nota anti-abortista, che l’ateneo aveva rifiutato di sostituire con altro docente, anche in seguito a una raccolta firme da parte degli studenti.

Per concludere, un caso forte ed esplicativo, esempio reale di quanto il diritto all’aborto sia necessario in tutto il mondo: in Ohio, stato anti-abortista, è stato vietata l’interruzione di gravidanza a una bambina di 10 anni, rimasta incinta in seguito allo stupro da parte di un 27enne. La bambina ha dovuto viaggiare fino a Indianapolis per poter esercitare il suo diritto a non diventare madre a 10 anni a causa di una violenza sessuale che già di per sé peserà sul resto della sua vita.

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