Il Covid ha spalancato le porte su una realtà consolidata, fatta di lunghe attese, favoritismi, strutture fatiscenti, ma anche di impotenza, false speranze, mere illusioni. Ha evidenziato forbici ampissime tra Nord e Sud, ha fatto cadere a molti le braccia, come si può infatti parlare di prevenzione di fronte a tutte queste disuguaglianze?
Si parla di sanità integrativa contrapposta a quella necessaria, con numeri da brivido: secondo i risultati di una Ricerca Rbm-Censis sarebbero ben 9 milioni gli italiani, poveri e impoveriti, che per ragioni economiche non hanno più accesso alle prestazioni sanitarie necessarie.
E che dire poi dei tagli alla sanità, sempre più drastici e dolorosi anche perché spesso fatti in silenzio?
Siamo tutti sulla stessa spiaggia o forse no. Perché c’è chi può permettersi di spostarsi in pellegrinaggi della salute in ospedali e chi no, chi può acquistare un “pacchetto vaccino” e chi invece deve aspettare pazientemente il proprio “povero” turno.
“Salviamoci tutti”, è il grido unanime, pronunciato addirittura dal segretario generale delle Nazioni Unite e da Papa Francesco, ma anche i vaccini nascondono interessi economici, nei contratti non rispettati, nelle forniture costose o modificate senza preavviso.
I soldi fanno la felicità? No, sicuramente, ma fa comodo averli e le persone più ricche, secondo studi consolidati, vivrebbero circa 9 anni in più rispetto alle più povere. Ricchezza significa migliore istruzione, migliore alimentazione ma anche migliore assistenza sanitaria.
Ma il Covid e i virus in generale colpiscono laddove vi è più difficoltà, nel mare delle disuguaglianze. Condizioni di lavoro avverse, disoccupazione, accesso minore a servizi e beni essenziali quali acqua e cibo, abitazioni non sicure o fatiscenti, ansia, stress, sono tante le cause di esposizione.
In generale anche il territorio può proteggere una comunità, per questo le minoranze etniche possono essere maggiormente colpite. E che dire poi della contrapposizione tra l’isolamento e il sovraffollamento? Emarginati, senzatetto, carcerati o realtà ad alta densità, tutto inserito nel calderone delle cause che acuiscono l’esposizione a malattie.
Ma non è tutto negativo, perché l’Italia ha una delle speranze di vita più alta dell’area Ocse. Basterebbero interventi mirati e anche cogliere ( e non è una provocazione) questa catastrofe sanitaria come occasione per migliorare e perfezionarsi.