Solo per citare esempi più eclatanti basta ricordare che ne fu vittima Adamo invidioso del suo stesso Creatore, Caino di suo fratello, Giuda di Gesù.
L’ invidia è un sentimento impossibile da controllare razionalmente, esplode improvvisa di fronte a tutto ciò che non si ha o che si vorrebbe essere e non si è. Il soggetto invidioso nasconde il suo sentimento davanti all’invidiato con una maschera di gioia e un sorriso di letizia, in realtà si tratta di un sorriso a denti stretti, che potrebbe richiamare l’immagine del cane quando ringhia; gli occhi, invece, non solo non ridono, ma diventano quasi lucidi e inumiditi a causa del dolore che tale sentimento provoca in quanto subdolo e viscido. Non a caso viene simboleggiato con un serpente.
Ci sono motivazioni psicologiche che indicano come una persona possa essere “vittima” della sua stessa invidia: in primis l’individuo invidioso ha un’immagine di sé molto bassa e scarsissima autostima. A causa di ciò rinuncia a mettersi alla prova, evitando perciò il fallimento ma, rinunciando contestualmente a consolidare il proprio IO.
In effetti, il soggetto invidioso si sente costantemente sminuito da tutto ciò che non ha o non è rispetto ad altri, non riesce a tollerare la frustrazione determinata dal senso di inferiorità senza “farsi giustizia” attraverso la vendetta; se l’insegnamento del Vangelo è “Ama il prossimo tuo come te stesso”, per l’invidioso diventa un imperativo categorico “Odia e danneggia il tuo prossimo per essere felice”.
Ovvio che agli occhi di chiunque sia razionale appare ben chiaro che danneggiare altre persone non potrà mai essere appagante, anzi potrà solo accrescere il vuoto interiore che connota i soggetti invidiosi.
Di tale problema si occupò anche il Sommo poeta che collocò gli invidiosi a scontare la loro pena nella II Cornice del Purgatorio indossando un mantello di panno ruvido e pungente, seduti a terra appoggiati l’uno all’altro contro la parete del monte, con gli occhi cuciti da filo di ferro per impedire loro di vedere, mentre in vita guardavano il prossimo con sguardo malevolo.
L’invidioso che gioisce nel vedere le disavventure altrui continuerà sempre a percepirsi ingiustamente colpito dalla sorte o dalla vita ogniqualvolta dovrà confrontarsi con ciò che rispetto ad altri non è o non ha. Un proverbio afferma che:” Chi disprezza compra”, ma ci sono cose, come la bellezza, l’amore o qualsiasi dono naturale, che non si possono acquistare.
Bisogna comunque riconoscere come tale sentimento negativo sia presente sia tra gli uomini che tra le donne.
Generalmente in un uomo, essa è rivolta a ciò che non possiede e che, al contrario, lo affermerebbe agli occhi di se stesso e della società, come status symbol; le donne per molto tempo, invece, sono state invidiose dei ruoli di potere concessi solo agli uomini e a loro negati.
Difficilmente, comunque, una persona ammetterà questo suo lato negativo, anche perché ammettere con se stessi e con gli altri il proprio punto debole é estremamente dolente.
Razionalmente, però, ogni individuo dovrebbe trovare in sé l’energia per migliorarsi attraverso quell’élan vital (slancio vitale) tanto caro a Bergson che consente ad ognuno di trovare la propria realizzazione in modo creativo e personale senza arrestarsi davanti agli ostacoli e farsi condizionare da essi.