Wolfgang Streeck,fra gli intellettuali più autorevoli della sinistra tedesca, ha dato per primo una sua lettura complessiva del fenomeno. L’argomento di Streeck si può riassumere così: la sinistra europea è stata sconfitta perché ha inseguito maldestramente il filo-europeismo ingenuo dei partiti socialdemocratici e liberali; perché ha sovrastimato la minaccia della destra estrema, rispetto a quello delle destre liberiste; perché ha cercato di rincorrere i verdi sui temi dell’ambientalismo senza avanzare un progetto distinto di ecologismo. Nella sua critica Streeck taglia con l’accetta proprio ciò che al contrario richiederebbe un’attenta dissezione, ignorando volutamente elementi che non poteva non aver presente. Innanzitutto andrebbe spiegato come mai la sconfitta abbia toccato ugualmente partiti di sinistra con un approccio “europeista critico”, come Podemos, e forze al contrario apertamente euro-scettiche, con posizioni sui temi europei non troppo dissimili dalla prospettiva tracciata polemicamente da Streeck, quali appunto France Insoumisee il Labour inglese. I primi parlavano esplicitamente nel loro manifesto elettorale di un “piano B” nel caso di una mancata riforma radicale dei trattati europei. I laburisti inglesi hanno portato avanti la propria opzione di una Brexit “controllata”, sebbene con non poche ambiguità in merito alla possibilità di sostenere un secondo referendum nel Regno Unito in caso di mancato accordo con l’UE. I due partiti hanno cercato di articolare da sinistra un’opzione euro-scettica, trovandosi allo stesso modo scalzati dalle linee “populiste” e nazionalistiche del Rassemblement National di Le Pen e del Brexit Partydi Farage.
Non si può parlare di una sola sconfitta per la sinistra in Europa. Alle ultime elezioni europee si è assistito piuttosto a una crisi delle diverse opzioni, euro-critiche ed euro-scettiche, di fronte all’avanzata delle due destre europeiste liberali e nazionaliste xenofobe (queste ultime con una crescita percentuale in Germania, Francia e Italia, difficile da sottostimare). Una sconfitta su più fronti differenti da parte di sinistre che hanno espresso opzioni anche antitetiche attraverso il Continente. L’analisi della sconfitta in questo caso, come non mai, non può fare a meno di considerare le peculiarità dei contesti politici e sociali nazionali e locali in cui si è realizzata la disfatta dei partiti di sinistra. In alcuni casi, cruciali, è ben possibile che l’opzione euro-critica sia stata assorbita dalle forze socialdemocratiche e liberali, come osserva Streeck: ma non si può trascurare anche l’incapacità delle sinistre di contendere il voto alle destre estreme proprio sul campo del populismo nazionalistico. Anche sul secondo versante, riprendendo il ragionamento di Streeck, è possibile che le sinistre abbiano pagato proprio la propria discesa in un campo discorsivo già egemonizzato dal populismo reazionario delle destre, in maniera non dissimile all’assunzione di un europeismo riformista “astratto”. Se un tratto comune, e non spiegazione unitaria, si può forse delineare fra le sconfitte subite dalle sinistre in Europa, esso consiste proprio in questo: nell’incapacità di elaborare una prospettiva contro-egemonica unitaria tale da porsi come totalmente altra e distintiva rispetto sia al populismo nazionalista di Le Pen e Salvini, che a un europeismo riformista incapace di offrire un’agenda programmatica credibile.