Finanza

Le risposte alla crisi che preparano la prossima crisi: gli avvertimenti (tardivi) del Fondo Monetario Internazionale

Le risposte che sono state date alla crisi finanziaria del 2007/08 e le politiche che da allora si sono adottate per contrastare la recessione, dall’Europa agli Stati Uniti, stanno creando le condizioni per lo scoppio di una prossima nuova crisi globale all’orizzonte.

Questo il messaggio di fondo con cui Tobias Adrian, direttore del dipartimento mercati monetari e dei capitali del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha introdotto la presentazione dell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria globale 2019. Se non fosse che lo stesso istituto di Washington sia stato – e continua ad essere – uno dei maggiori responsabili di quel modello di governance economico-finanziaria, particolarmente nel contesto europeo, che adesso viene additato come fattore di vulnerabilità per la stabilità del sistema. 

Il Fondo Monetario evidenzia come le politiche monetarie espansive delle banche centrali – in particolare perseguite dalla BCE con i tassi di interesse negativi e i programmi di Quantitative Easing – abbiano in effetti contribuito a contrastare le spinte recessive tenendo aperti i canali del credito a imprese e famiglie. D’altra parte la politica monetaria ‘straordinaria’ in Europa ha mancato il suo obiettivo centrale: quello di riportare il sistema a camminare – e crescere – sulle sue gambe. Il sistema è sempre più inondato di liquidità, ma gli investimenti non ripartono, e con loro la crescita. L’arma della politica monetaria si rivela sempre più insufficiente e inadeguata, al punto che lo stesso FMI e la BCE adesso lanciano appelli affinché i governi “riprendano il controllo” della politica fiscale. 

Ma sono state proprio quelle stesse istituzioni a promuovere e controllare – in particolare nel quadro della Troika europea – la riduzione dei margini di manovra per politiche fiscali e redistributive dallo scoppio della crisi in poi, facendosi guardiane di quelle politiche di austerità e ristrutturazione del mercato del lavoro che oggi deprimono i consumi, rendendo del tutto inefficaci – se non controproducenti – le politiche monetarie. Queste ultime sono diventate “l’unica soluzione” praticabile, proprio perché prima sono state legate le mani alle politiche fiscali espansive da parte dei governi nazionali maggiormente colpiti dalla crisi. 

(da: pixabay.com)

Se le politiche monetarie espansive hanno mancato il loro obiettivo, esse hanno aumentato allo stesso tempo i rischi per la stabilità finanziaria, nel contesto di una regolamentazione inadeguata. I tassi di interesse bassi e negativi hanno spinto infatti gli investitori verso investimenti più rischiosi: quelli che promettono più ampi margini di guadagno. In particolare, nota il Fondo, gli investitori più esperti si sono indirizzati a quei settori e investimenti della finanza ancora scarsamente o per nulla regolamentata, anche in seguito alla crisi del 2007/08. Si tratta di quelle istituzioni finanziarie non bancarie, quali società di assicurazioni e di asset management, fondi pensione e di investimento, su cui la stretta regolamentatrici è stata insufficiente o nulla rispetto a quanto avvenuto per il settore bancario, al centro della tempesta finanziaria di dieci anni fa. I rischi accumulati su questi settori della finanza globale, stimate per un ammontare pari all’80% dell’economia globale in rapporto al PIL, rappresentano così l’altra faccia della medaglia delle politiche monetarie espansive, in una dinamica simile “a quanto visto al culmine della crisi finanziaria globale”, come ha affermato il portavoce del Fondo.

Le politiche monetarie espansive, adottate in risposta alla crisi nel quadro delle politiche di austerità e contrazione degli spazi di intervento pubblico nei Paesi più colpiti dalla crisi, hanno posto così le premesse di una prossima crisi finanziaria globale. Il FMI che adesso mette in guardia dai rischi per la stabilità del sistema, è stato uno dei principali artefici di quelle stesse vulnerabilità.

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