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Musica

L’APOLOGIA DI SYBIL AMARILLI MOSTERT E QUEL DISCO MAI PUBBLICATO

La storia di una piccola grande artista che lo show business ha dimenticato.

Non sarà facile sentire parlare di Sibyl Amarilli Mostert. Cercando nella vasta giungla della rete virtuale, le informazioni a disposizione non saranno moltissime: pochi dati anagrafici e il luogo natio; lo Zimbawe. Non esiste alcun account social attribuito a lei o a lei dedicato, né alcuna rivendicazione artistica.

Ciononostante, il percorso musicale di Sibyl è stato particolare, molto complicato, ma giustamente iscritto in quella fenomenologia culturale che ha visto diversi personaggi solcare, per un breve periodo, i palcoscenici più importanti per poi cadere nei cassetti della memoria nazional-popolare; avida di nuovi linguaggi, affascinata dalle meteore che in qualche modo hanno contributo alla decostruzione di un filo connettivo fra costume e società.

Ed è così che anche un’illustre sconosciuta diventa un’avvincente storia ricca di musica, cinema e poesia.

All’interno di quella galassia di poli opposti che è il web, dove l’impresa eccezionale di un artista resta la fuga dalle trame della rete, Sibyl si pone il compito di essere semplicemente “normale”. Sarà proprio questa normalità a far si che il suo nome resti indissolubilmente legato a grandi maestri come Franco Battiato e Paolo Conte.

L’ascesa di questa cantante misteriosa avviene nel 1976, quando la sua voce compare nella sigla del telefilm Western “Keoma” curata dai Fratelli de Angelis (il duo d’oro delle colonne sonore, celebri anche come Oliver Onions). La particolarità del suo timbro vocale, acuto e molto vibrato e il controllo vocale capace di saltare da un’ottava all’altra, attrae l’attenzione di gran parte del mondo cinematografico: da “Prove d’orchestra” del 1979 a “La Vampesse” un ricco contenitore di mimo e musica per la regia di Sergio Di Cori.

Dopo questa breve parentesi televisiva, Sibyl si ritira dalle scene per riapparire nel 1983, direttamente sul palco dell’Ariston. In quell’occasione la cantante porta in scena “Oppio”, un brano ironico e pungente, scritto da Franco Battiato, con l’arrangiamento del maestro Giusto Pio e la collaborazione della scrittrice svizzera Fleur Jaeggy. 

(da: wikipedia.com)

Dopo la serie di successi realizzati dal maestro con Alice e Giuni Russo, anche questo sodalizio sembra carico di attesa, se non altro per la consolidata strategia messa in campo dai musicisti più ricercati nel campo del pop avanguardista, alla vigilia della rivoluzione elettronica digitale.

Il brano non ha lo stesso carisma di Per Elisa ma, nel secondo un ricercato codice battiatesco, cita elementi storici ed esoterici: una canzone popolare ebraica con un ritornello ben augurante; «Uru belev sameach», ossia «svegliatevi col cuore allegro».

Nonostante ciò, la performance fu disastrosa a causa di una serie di problemi tecnici, fra cui il playback, su cui all’epoca si esibivano tutti gli artisti. La cantante si trovò a cantare il brano sul nastro preregistrato, provocando una sovrapposizione vocale che né determinò il fallimento.

C’è chi gridò al boicottaggio strumentale per favorirne l’eliminazione, chi addirittura sostenne che Sibyl e Battiato fossero la stessa persona.

Dopo una rivisitazione in chiave elettronica della celebre romanza “Plaisir d’amour“,  firmata ancora una volta dalla coppia Battiato-Pio, “Sibyl Amarilli Mostart compare come ghost-singer per “La canoa di mezzanotte” di Paolo Conte, per poi sparire definitivamente dalle scene.

Qualche anno fa su Youtube furono pubblicate un paio di tracce inedite. Il materiale è stato tratto da un 45 giri contenente i brani Sud Africa e Alta tensione. Il disco era rivolto a Sanremo ’83 ma fu escluso perché il regolamento dell’epoca vietava la partecipazione agli artisti che non avevano ancora pubblicato un album.

La storia di Sibyl rappresenta uno dei tanti affascinanti misteri della musica italiana, ma che testimoniano la presenza non solo di grandi successi e importanti nomi della scena musicale, ma anche la presenza silenziosa di piccoli intermezzi isolati e spesso sottovalutati, che con il loro piccolo gesto riescono a diventare delle grandi storie.

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