In quest’ultimo anno e mezzo le parole d’ordine più diffuse, da lockdown a vaccino, da assembramento a mascherina, sono diventate l’apogeo e il perigeo dell’infinita battaglia al Covid 19. Tutto ciò ha avuto impatti devastanti in tutti i settori della società; dalla sanità all’economia, alimentando l’ennesimo dramma per molti e la solita fortuna per pochi.
Il mondo dell’arte e della cultura non rimane mai spettatore passivo dinanzi a queste tragedie e la letteratura, si sa, è ricchissima di eventi che hanno avuto il merito e il demerito di portare alla luce una questione morale e civile.
Ma il mondo post-pandemia, sempre ammesso che qualcuno voglia dichiararne la fine, non è il Live Aid e l’umanità del 2020 ha compreso di dover affrontare nuove e temibili sfide, invisibili e insapori come un virus.
Poi ci sono artisti irruenti, controcorrente per istinti e non per moda, come Roger Waters, che hanno il vizio di soffiare il vento della giustizia dalla solita parte “sbagliata”. Mentre il mondo si schiera contro Cuba e Venezuela e Israele, lui sostiene il diritto di un presunto “regime” a resistere, fuori da ogni etica resiliente, per dare un segnale forte di non sottomissione al pensiero dominante.
Il deus ex machina dei Pink Floyd non è nuovo nel risparmiare attacchi in musica ai potenti usurpatori del mondo, come nel 1977 con una trilogia rivoluzionaria e provocatoria: Animals, The Wall e The Final Cut. L’ultimo, anche se porta la nomenclatura “Pink Floyd” era in realtà il primo album solista, incentrato sulla vicenda del padre morto durante lo sbarco di Anzio e le ripercussioni sulla sua vita. Doveva essere un seguito del celebre concept The Wall, ma in realtà sembra chiudere in maniera più riflessiva la trasformazione sociale ed economica inglese, rappresentata simbolicamente dal celebre maiale aerostatico.
La copertina iconica di Animals con questo suino in volo sulla vecchia centrale termoelettrica di Buttersea a Londra rappresentava la trasformazione ingorda e astuta di una società al culmine dell’incertezza.
La fine delle ideologie e della rivoluzione dei fiori, l’esplosione della controcultura Punk, la disillusione di un futuro basato su un’autentica rivoluzione sessuale e civile guardò attonita e impassibile quel maiale volante, capace di divorare metaforicamente l’innocenza e la presunzione di coscienza, senza distinzione di razza, etnia o religione.
Waters spinse a riflettere se stesso i suoi compagni, parafrasando la situazione in corso con quella descritta nel romanzo di George Orwell: The animal farm.
Waters non ha mai dichiarato di essersi ispirato al romanzo in particolare, ma l’analogia tra le categorie animali e determinate tipologie umane si trasformava in un diretto attacco al governo Wilson, in carica all’epoca, colpevole di aver distrutto le basi poste dal vecchio modello di welfare dell’ex premier Clement Atlee e che aveva una connotazione moderatamente socialista.
Animals racconta la società post-industriale attraverso tre categorie di animali: cani (Dogs), pecore (Sheep) e ovviamente maiali (Pigs on the wing, Three different ones). La divisione per categorie determina una stratificazione sociale al vertice della quale vi sono politici, tiranni e uomini d’affari che controllano e veicolano la salute, il lavoro, il sapere e dunque la vita delle persone comuni.
Questi decidono il bene e il male della società, la moralità e l’etica sotto il dogma del bene comune, stabiliscono regole, leggi, controlli, illudendo l’uomo comune di una libertà acquisita, che cela un ordine segreto e diabolico il cui unico scopo è ottenere profitto.
La tendenza apocalittica dell’album descrive il tormento che aveva cominciato a pervadere l’artista sin dai tempi di Wish you were here e Have a cigar! Ma qui entra in campo lo spettro dell’imminente era della paura, del disagio e dell’incomunicabilità che avrebbe segretamente ammalato i decenni successivi, per arrivare ai giorni nostri, dove la rivoluzione social sta subendo l’effetto contrario alla conquista di nuove libertà etiche, per trasformare la società odierna in un fantasma nichilista e passivo, sempre più lontano dalla dinamica del confronto e della fratellanza.