Non esistono oggi veri e propri limiti all’accesso a tecnologie e internet. A qualsiasi età, già da più piccoli si impara ad usare telefoni e tablet, ancor prima di imparare a leggere e scrivere.
Nei casi in cui questo accesso sia comunque gestito e controllato da adulti, internet può essere non solo un passatempo, ma anche uno strumento educativo: esistono, infatti, molti software e applicazioni per genitori e bambini a scopi ludici e didattici.
Per ogni età esistono giochi, esercitazioni e siti internet che sostengono e possono completare gli studi scolastici. La tecnologia è utilizzata anche come supporto per bambini e ragazzi con disagi legati all’apprendimento, come facilitazione per non restare indietro rispetto ai coetanei.
Può accadere, al contrario, che l’abuso di internet da parte dei bambini non sia tenuto sotto controllo dagli adulti e ciò porta con sé una serie di rischi per il minorenne, lasciato solo con uno strumento di cui solo apparentemente conosce il funzionamento.
Saper scaricare giochi e applicazioni, usare i social e internet e divertirsi a comunicare con qualcuno al di là dello schermo, infatti, non rende esperti nell’utilizzo del dispositivo, che sia un cellulare, un tablet oppure un computer.
Una persona poco matura, ancor più se minorenne, può cadere in trappole tutt’altro che rare, pensate proprio per adescare, catturare l’attenzione e poi approfittare del mal capitato.
Le restrizioni imposte dalla diffusione del covid-19, hanno esponenzialmente aumentato l’utilizzo dei social network e con esso la diffusione dei reati commessi online.
Un particolare incremento registrato tra i crimini commessi in rete, è quello perpetrato ai danni di minori, vittime di adescamento e di abusi sessuali, documentati per la maggior parte con foto e video pedopornografici, che vengono registrati e spesso diffusi in gruppi e pagine appositamente creati.
L’azienda milanese di educazione digitale CybeRefund, ha individuato un profilo di questo fenomeno, che si struttura in 4 parti.
Inizialmente il predatore cerca di conoscere il bambino, conquistandolo e facendosi inviare delle foto. Si assicura così la fiducia della vittima, che abbassa le sue difese e si lega emotivamente all’adulto, che probabilmente si spaccia per un ragazzino a sua volta, proprio per non alimentare spavento e diffidenza.
L’adescatore, poi, si assicura che il dispositivo e il social network che il bambino utilizza per questi scambi non sia accessibile ad altri e per assicurarsi ciò (nella terza fase) incrementa il numero e la profondità delle confidenze scambiate, chiedendo di non riferire a nessuno il contenuto delle conversazioni, con promesse di premi e gratificazioni, soprattutto in termini di affetto.
Nell’ultima fase il rapporto prende una piega diversa, ben più esplicita. Iniziano le richieste di foto e video a contenuto sessuale, seguite quasi sempre dalla proposta di un incontro dal vivo.
Il pericolo in questi casi è che il minore, ormai soggiogato dall’adescatore, ceda alle sue lusinghe anche per il timore di perdere un rapporto ormai diventato apparentemente indispensabile.
L’adescamento online, diffuso negli ultimi dieci anni, ha semplificato di gran lunga l’opera di pedofili, che possono preparare il terreno, approfittando emotivamente delle vittime, per poi abusarne sessualmente.
Le conseguenze in termini psicologici, durano tutta la vita. Del marchio di vittima non ci si libera mai.
La maggior parte dei ragazzi evita di denunciare, a causa del senso di colpa e di accusa verso se stessi, responsabili di essersi fidati.
Che si denunci o meno, si tratta in ogni caso di un’infanzia persa, di una vita spezzata, lo stesso destino che colpisce chiunque sia vittima di abusi, che si tratti di minorenni oppure di persone adulte.
Proteggere i più piccoli da questo fenomeno non significa controllare ossessivamente i contenuti di cellulari e altri dispositivi di ragazzi e adolescenti, ma favorire il dialogo e condividere regole sull’uso di internet, educare e prevenire da subito la possibilità che certi fenomeni possano colpire i propri figli.