La crisi iraniana rischia seriamente di aggravarsi. Teheran ha annunciato infatti di aver portato il livello dell’arricchimento dell’uranio al 4,54%. Il governo ha superato, pertanto, la soglia del 3,67% sancita dall’accordo sul nucleare, stipulato nel 2015, con alcuni partner della comunità internazionale. Lo ha annunciato il portavoce dell’agenzia, della Repubblica Islamica, per l’energia atomica.
Mondo in allarme. Il medioriente è preoccupato per la scelta compiuta dai Pasdaran che hanno assicurato, tuttavia, di non voler arrivare a produrre ordigni non convenzionali. Israele e gli Stati Uniti continuano a ritenere non veritieri tali intenti. Hanno scelto di continuare a intensificare le pressioni economiche, insieme all’Arabia Saudita. Lo scopo di azioni così poco concilianti è l’isolamento del nemico di sempre. Washington non ha escluso dunque un possibile via libera a nuove sanzioni, mentre Russia e Cina (alleate di Teheran insieme alla Siria) non hanno nascosto le loro preoccupazioni. Pechino ha invitato addirittura Donald Trump a cessare il suo “atteggiamento da bullo”, con un riferimento evidente a un’escalation di scelte deleterie che potrebbero sfociare nell’opzione militare. Quest’ultima non è del tutto esclusa dai falchi dell’amministrazione d’oltreoceano, da quelli dello Stato ebraico e di Riyad.
Le possibili ricadute sull’economia mondiale. L’attuale situazione critica nel Golfo Persico potrebbe generare un aumento dei prezzi del petrolio e quindi dei beni, la maggioranza di quelli in circolazione, che viaggiano su gomma. Le ricadute economiche globali sarebbero disastrose. E’ impensabile immaginare poi un ipotetico inizio delle ostilità. Queste ultime porterebbero le grandi potenze a scontrarsi direttamente in una regione che ha visto, negli anni, l’inaccettabile perdita di fin troppe vite umane.