Cultura

Incontro con Liliana Segre

Quando si parla di memoria, di libertà, di odio, si corre sempre il rischio di non suscitare altro che indifferenza: si tratta infatti di argomenti affrontati molto spesso, ed è facile che la curiosità sia sovrastata dal dubbio di avere già sentito tutto ciò che si possa dire.

di Michele Casella

Eppure, nel suo intervento del 3 febbraio 2020 al Teatro Fraschini di Pavia, Liliana Segre è riuscita a mantenere gli sguardi di centinaia di studenti fissi su di sé. Credo che sia riuscita in questo perché la sua non è stata una lezione o una conferenza, ma il racconto di una nonna ai suoi “nipoti ideali”, espressione con cui ella stessa si è rivolta ai ragazzi. Le sofferenze causate dalla Shoah sono indicibili, come ha affermato la senatrice, ma per poterle conoscere almeno in parte è necessario vederle attraverso gli occhi di chi le ha vissute. Liliana Segre non racconta di tutti i deportati, né di tutto il campo di Auschwitz, ma solamente di se stessa: per questa ragione il dramma di milioni di uomini diventa improvvisamente un dramma personale, che colpisce assai più profondamente chi lo ascolta. La senatrice non ha voluto rivolgersi a un teatro, ma a ciascuna persona che vi sedeva: “Cerco di guardare ognuno di voi negli occhi” ha infatti affermato.

Narrando di essere stata espulsa da scuola perché ebrea, Liliana Segre ricorda di non aver saputo chiedere altro che “perché?”. Da parte mia (ma credo anche degli alunni dell’Istituto Taramelli-Foscolo e delle altre scuole presenti), penso che rimanga da dirle solo “grazie” per tutto ciò che ha scelto di raccontarci, nonostante il dolore che questo le provoca.

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