In arte Morgan; breve storia di un genio incompleto o ingenuo incompreso?
Dalla battaglia per la casa al sabotaggio al Festival di Sanremo, Morgan trova sempre il modo per far parlare di sé. Chi è Marco Castoldi? Un paladino del risveglio culturale di una società o un artista talmente tormentato da essere vittima di se stesso?
“Ho deciso di perdermi nel mondo, anche se sprofondo. Lascio che le cose mi portino altrove, non m’importa dove”.
Marco Castoldi, in arte Morgan, è stato anche questo: non solo la mente e il basso dei Bluvetigo, né il giudice di X Factor e Amici, né un conduttore radiofonico, né uno sfrattato che paga anche per le colpe degli altri. Morgan è stato, e avrebbe potuto continuare a essere, un sincero, istintivo e rivoluzionario compositore, dotato di tratti di genialità beethoveniana e un affascinante lato oscuro mahleriano, adornato quei tratti di sregolatezza dandy che l’hanno reso un outsider nell’intero panorama musicale italiano, fuori e dentro il mainstream nazional-popolare.
Purtroppo, come spesso accade, personaggi così irrequieti come il nostro “affezionatissimo” sono i più sensibili nel comprendere le istanze sovversive del modus vivendi controcorrente, attirando su di essi i vizi e le virtù della lotta interiore contro l’ipocrisia contemporanea; ma rischiano di diventare preda delle proprie paranoie.
Anche Morgan non è mai stato immune da simile fenomenologia: dal rapporto turbolento con Asia Argento, a quello con le droghe; dai contrasti lavorativi alla vicenda dello sfratto, il musicista ricercato denuncia il complotto eterno del mondo sulla sua persona e la sua arte; un moderno Schönberg che cerca di insegnare al popolo una conoscenza che è stata loro negata, come se i linguaggi musicali del futuro fossero destinati a una sorta di nuova serializzazione post-viennese. La vicenda che l’ha riguardato durante l’ultimo Festival di Sanremo è, a rigor di logica, solo l’ultima di una triste parabola discendente di un artista che ha consumato troppo tempo a gridare al mondo la sua innocenza, di fronte a una realtà corrotta e spietata.
Le brutte intenzioni e la brutta figura che il Castoldi recita nella versione estemporanea, e non autorizzata, del brano Sincero, scritta dall’amico Bugo per il loro duetto sanremese e che ne ha decretato la squalifica, consegnano all’opinione pubblica quello che purtroppo resta di un potenziale genio musicale: un artista sensibile ed esuberante, colto e istrionico, ma che purtroppo è ormai vittima di un ego troppo smisurato, al punto tale da non riuscire più ad analizzare lucidamente le virtù e i limiti.
Le virtù sono racchiuse in una forma di linguaggio musicale che cerca d’inserirsi nella cornice melodica, con l’obiettivo di “incuriosire” la cultura popolare ai canoni estetici e metafisici della musica colta e avanguardista. I limiti sono di chi ha speso tanta energia nella creazione e composizione, senza aver approfondito le regole (purtroppo rigide) dell’armonia, dell’arrangiamento e dell’orchestrazione, i quali non possono essere soggetti alla fantasia istrionica dell’autore, perché altrimenti non sarebbero in grado di riprodurre l’immaginario dello stesso. Anche per questo che oggi come ieri, molti grandi si affidano a professionisti del settore; anche Toscanini fu costretto a rivedere alcuni tratti delle partiture di Puccini, mentre molti non hanno raggiunto il talento orchestrale di Maurice Ravel ma ciò non toglie che in musica la collaborazione è una linfa vitale, perché mette a confronto diversi aspetti di un processo creativo ed evita di cadere nel vortice del protagonismo più sfrenato; utile dal punto di vista pubblicitario, ma inefficiente sul piano della creatività e dello sviluppo dell’opera d’arte all’interno della cultura contemporanea.