Una frase che pesa come un macigno in un periodo davvero sui generis, non c’è solo un fondo di verità ma c’è del reale e doloroso in queste parole, tuttavia Natale è anche e soprattutto molto altro.
Diciamocelo francamente, il Natale, almeno per la maggior parte di noi, ha una funzione benefica, ci si scopre vivi, ci si sente davvero un po’ più buoni, qualcuno si sente anche più felice, arriva forte l’impulso di pensare al prossimo. Dietro il Natale più brutto del secolo c’è anche tanta gioia, positività, voglia di andare avanti nonostante tutto, di riunirsi (con tutti gli accorgimenti del caso) dopo mesi di tribolazioni, di tirare un sospiro di sollievo in modo guardingo.
C’è il Natale del consumismo, dei soldi buttati o investiti in regali più o meno costosi, c’è lo spreco clamoroso di cibo, l’ipocrisia dilagante di chi si ritrova ma si vorrebbe prendere a mattarellate in testa.
C’è il Natale dell’anima, una grande occasioni per risvegliarsi dal proprio torpore, per rendersi conto che il prossimo sta male, a Natale forse un poco di più. Ci sono i senzatetto che si sentono ancora più soli, gli anziani confinati a casa e desiderosi di una parola di conforto, ci sono i disabili che vedono complicarsi ancor di più il loro quotidiano.
Ma non bisogna andare poi così tanto lontano perché le nostre città sono zeppe di persone in difficoltà, intere famiglie sul lastrico, disoccupati cronici e meno cronici, solitudine e povertà vanno a braccetto in una camminata davvero agghiacciante e solo noi, fortunati (anzi direi fortunatissimi) dobbiamo porre fine a questa avanzata.
La normalità è davvero un lusso di questi tempi e non possiamo non sfruttarla a servizio degli altri. Siamo in una battaglia con poche armi a disposizione, dobbiamo tutti condividere, accontentarci di poco per dare altrettanto all’altro.
Abbiamo bambini che si chiedono perché non possono abbracciare i propri nonni, “ragazzi speciali” disorientati davanti ad un’umanità mascherata, il nostro vicino è precipitato nell’abisso e noi non ce ne siamo accorti o lo abbiamo fatto troppo tardi.
Avere un Natale normale è l’immensa ricchezza del nostro tempo e allora dimostriamoci forti ma fragili allo stesso tempo per aprirci ai bisogni degli altri, non mettiamo solo mano al portafogli ma anche al nostro cuore, compriamo coperte e cibi caldi per i clochard ma fermiamoci anche a parlare con loro ad un metro di distanza.
Guardiamo anche al nostro orticello, quanto l’abbiamo trascurato! Recuperiamo il rapporto con la nostra famiglia, con un amico silurato troppo presto, diciamoci le cose in faccia, lasciamo da parte lo stupido orgoglio, che oggi ci siamo e domani potremmo davvero non esserci più.
Il volontariato non va in vacanza ma anzi c’è un bisogno matto di aiuto in era-Covid dove le emergenze si amplificano e si moltiplicano.