Sono circondato da “diversi”, ovunque mi muovo ne vedo, li ascolto, ci sbatto, mi incaglio. Sono un “diverso” anche io, mi ci trovo bene in questa dimensione, è l’unico modo per continuare a sognare veramente.
Il volontariato è uno straordinario modo per fare un tuffo nel mare della “diversità”, un’occasione forse irripetibile per fare i conti con se stesso e con i propri limiti. Consapevolezza di dove si può arrivare ma anche slancio verso confini inesplorati, un passo al giorno avventurandosi verso l’altrove.
C’è il dis-abile, colui il quale ha in meno una qualche abilità, ma la parola mica ti dice che nel frattempo lui, per sopperire a questa mancanza, di abilità ne ha sviluppate, alla grande, altre 12.
C’è il folle con la sua dimensione parallela, in passato confinato nei manicomi, adesso in giro come scarto della società, eppure senza i “matti” a quest’ora non ci sarebbe la società civile e tutte quante le sue comodità. Basta guardare Einstein e la sua faccia per scovarne la genialità, di Edison conosciamo la sua caparbia, se non avesse sbagliato migliaia di volte a quest’ora non avremmo la lampadina!
Il diverso è il ragazzo down che conserva la sua sensibilità mentre il genere umano l’ha ormai dispersa qua e là, è il ragazzo autistico portatore del bene in un mondo dove il male ha preso il sopravvento, ma anche l’uomo “virile” che piange fregandosene delle convenzioni.
Il diverso non è il bullo che terrorizza i propri compagni a cui piace studiare, quella è ormai diventata la normalità, come il fatto che i ragazzi debbano stare a trastullarsi con i telefonini perché la cultura è roba antica. Tu che sei fuori la massa sei differente, non ti puoi permettere, devi ritornare nei tuoi ranghi. Sei uomo e devi saper guidare, tu, donna, come è possibile che non sai stirare?
Il padre insegna al figlio a essere forte ma nei suoi consigli non è contemplato il rispetto e l’altruismo, roba da deboli in un mondo che ti divora buttando via anche le ossa. Il datore di lavoro punta alla raccomandazione tralasciando la creatività mentre una donna di 40 anni, sola, è additata come zitella perché non è possibile, a quell’età, non avere una famiglia.
Chi si sofferma su un handicap altrui credendo di essere superiore, in realtà si rode il fegato davanti alle imprese di persone che, con meno risorse (almeno sulla carta, riescono a raggiungere risultati ben più significativi e tangibili.
Conteniamo e isoliamo la creatività perché abbiamo una tremenda paura di tuffarci nell’ignoto, creativo e cretino a volte, per la massa, sono sinonimi, dunque puoi finire relegato nel dimenticatoio, senza per forza dover arrivare al suicidio come Vincent Van Gogh e Virginia Woolf.
Amo i diversi perché sono un diverso, un pazzo, forse un folle, ma d’altronde perché non si può provare ad essere semplicemente se stessi?