Scuola

IL DISAGIO GENERAZIONALE NELLE SCUOLE

Da una parte le debolezze di tanti giovani studenti che vivono il disagio giovanile e la mancanza di riferimenti. Dall’altra il carico di lavoro dei docenti tra insegnamento, burocrazia e sostegno psicologico ai più fragili. Presentata una proposta di legge per inserire la figura stabile dello psicologo nelle scuole per promuovere il benessere, prevenire lo stress, contrastare il bullismo e migliorare le dinamiche relazionali.

Si parla oggi spesso di disagio generazionale. Un disagio tangibile quello delle nuove generazioni in una società sempre più confusa e precaria di valori. L’uso costante del telefonino, la ricerca nei social di una propria identità e certezze per fuggire dalla realtà.  Alunni che soffrono un profondo malessere interiore, svantaggio sociale e nuove forme di povertà per la separazione dei genitori e problemi di relazione con gli altri. Un insieme di fattori che giocano un ruolo non positivo per la crescita e lo sviluppo umano, emozionale, avendo difficoltà di aprirsi al mondo. Sono le problematiche giovanili che si manifestano all’interno delle scuole. Studenti ansiosi alle prese con verifiche e interrogazioni ma anche con problemi psicologici che emergono proprio tra i banchi di scuola, nei rapporti con i docenti e i compagni.

L’insegnante è chiamato a svolgere un compito delicato, a capirne il problema, a coglierne la sua gravità, a segnalarlo ai genitori e, tramite la scuola, a rivolgersi alle figure specializzate. Una professione divenuta difficile e complessa perché rientrano in gioco diversi fattori sociali, ambientali, relazionali che hanno a che fare con adolescenti sempre più indisciplinati, irrequieti, irrispettosi delle regole, e con problematiche di varia natura. Un ruolo importante in questi casi è svolto dagli sportelli psicologici per aiutare i ragazzi nelle situazioni più difficili. Ma non basta.

E’ stata presentata in Parlamento una proposta di legge che si spera sarà approvata entro quest’anno per istituire in modo strutturale e permanente la figura del psicologo professionale nelle scuole. Una figura specialistica per promuovere il benessere, prevenire lo stress correlato al lavoro contrastare il bullismo e migliorare le dinamiche relazionali all’interno delle scuole.

Per gli alunni sarebbe una figura professionale di valido aiuto perché li aiuterebbe a capire i punti di forza e di debolezza nei loro comportamenti, renderli coscienti e consapevoli dei comportamenti a scuola non tollerabili e li spronerebbe ad una autoanalisi per prendere coscienza dei loro problemi. Per il docente lo psicologo aiuterebbe a superare momenti di difficoltà legati alla gestione della classe, a capire le varie tipologie di dinamiche relazionali cercando di instaurare un rapporto empatico con gli alunni. Perchè il benessere in classe si fonda molto dall’empatia che si instaura tra docente e studenti.

Ma qual è la situazione che emerge nelle scuole?

Dalla parte degli studenti

“I problemi che viviamo a scuola – dice Francesco studente del 3 anno di un liceo – spesso non li conosce nessuno. Ho amici che fanno fatica a studiare e altri hanno mollato lo studio. Molti si rifugiano nei social per non pensare. Nessuno ci ascolta, siamo soli”. E’ il disagio di studenti che vivono le problematiche della loro età, alcuni si isolano, si nascondono pur sapendo che a scuola il coordinatore della classe, tutor e psicologi sono a disposizione degli studenti. Altri manifestano insofferenza con atteggiamenti oppositivi. Le scuole dedicano molto tempo all’ascolto di noi studenti. Nelle ore di sportello psicologico tanti hanno la possibilità di aprirsi ai problemi e cercare di trovare una soluzione ma molti rinunciano. 

“Ho sempre creduto che il malessere o il benessere in una classe dipenda dal carattere dei prof. con i quali passiamo tante ore della giornata. Nella mia storia scolastica ho avuto docenti rigidi e poco disposti ad ascoltare. Ma ho incontrato anche docenti comprensivi e con una forte empatia. La nostra generazione è complessa e molto esigente. Abbiamo tutto ma a volte ci manca proprio tutto. E forse la colpa è anche dei social che sembra che ci riempiono la vita ma a volte ci sentiamo più soli e senza riferimenti. Vogliamo essere compresi come esseri umani, che gli insegnanti pensassero un po’ meno alla disciplina e considerarci di più per i nostri problemi, per la nostra età. A volte pretendono tanto e il fallimento scolastico diventa realtà.

Non tutti hanno i mezzi per andare a ripetizioni. Ricordo un mio compagno incompreso, con tanti problemi nella sua famiglia è stato bocciato due volte. Nessuno a scuola ha cercato di capire quali fossero i suoi problemi e alla fine ha abbandonato gli studi.” E ancora il pensiero di un altro studente. “La scuola? A volte bisogna passare notti a studiare per ottenere anche la semplice sufficienza. E su materie lontane dalle reali necessità della vita. Dicono che siamo viziati. Ma non si rendono conto del mondo di oggi. I prof vedono soltanto i programmi ma noi vorremmo che fossero anche più vicini ai nostri problemi.” 

Dalla parte dei docenti

Le colpe di una società sempre più difficile e complessa non possono essere addebitabili ai docenti. Troppo spesso la mancanza della famiglia con genitori divisi e ragazzi costretti a crescere da soli accentua i problemi. E sono tanti i docenti che, in silenzio, manifestano le loro preoccupazioni. Si ritrovano spesso il dover sostenere un lavoro sempre più gravoso tra lezioni in aula, carico di adempimenti burocratici, rapporti con le famiglie e il sostegno psicologico nei confronti di studenti più fragili. Perchè fare l’insegnante oggi è veramente complesso.

Bisogna trovare tutte le strategie per entrare in empatia con loro. Solo così si può ottenere qualcosa, ma si fa tanta fatica. In molti studenti si percepisce il disagio di situazioni familiari difficili che si manifesta a volte nel silenzio e la mancanza di partecipazione. Ma per un buon docente nessuno deve rimanere indietro.  E allora ci si mette in gioco come educatori con senso di responsabilità dal punto di vista umano. Un lavoro che è anche una missione. Così importante per l’educazione, i valori e il futuro lavorativo delle nostre generazioni ma poco valorizzato, meriterebbe sempre di più attenzione e un maggiore riconoscimento economico.

Un lavoro che oggi è sottoposto a rischi, come emerge dalle cronache che raccontano le violenze verbali e a volte fisiche perpetrate nei confronti degli insegnanti. Ciò che avviene soprattutto nelle scuole di frontiera dove sono forti i disagi socioeconomici e territoriali.

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