“Black hole sun, won’t you come! And Wash away the rain”.
Recitava così il ritornello di Black hole sun; uno dei più celebri e memorabili brani dei Soundgarden. Probabilmente il compianto Chris Cornelle compagni intendevano allargare, se così si può dire, il piano narrativo a una visione quasi apocalittica dell’apparenza umana, oltrepassando l’inquietudine e la schizofrenia del consumo. Quella canzone però riuscì a ridefinire un nuovo concetto di rivoluzione dell’immaginario, come fu per 2001: A space Odissey.
Forse è per questo se la “fotografia” del buco nero, al centro della galassia Messier 87, è sembrata per un attimo, la fine di una lunga attera. Quella massa confuse di luce e ombra, immortalata dagli scienziati dai radiotelescopi di EHT Event Horizon Telescope, con la collaborazionedell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’INAF Istituto Nazionale di Astrofisica, si appresta a diventare uno degli avvenimenti più importanti di questo martoriato XXI secolo.
Eppure esistono diverse ricerche sperimentali che provano a individuare e codificare la componente meno visibile ma più profonda dell’esistenza della vitanell’universo; il suono.
E’ possibile parlare di “canto dei buchi neri?”
Non siamo ancora in grado di decifrare con adeguata fedeltà l’entità delle frequenze che determinano alcune delle più misteriose e ancestrali vibrazioni sonore dai corpi celesti. Anche se il livello d’intonazione melodica non sarà paragonabile alle sinfonie di Beethoven, tali ricerche sono indispensabili per cercare di svelare, magari nel prossimo futuro, uno dei più complessi enigmi, cui gran parte della cosmologia moderna non ha finora dedicato molta attenzione.
Uno degli studi più recenti è stato realizzato grazie ad un telescopio molto particolare. Si chiama Chandraed è un sistema sofisticato di rilevazione a raggi X, capace di captare informazioni sensibili da distanze davvero sorprendenti.
Chandra è riuscito a raccogliere informazioni da una massa informe nella Galassia di Perseo, a circa250 milioni di anni luce dalla Terra,rilevando una serie d’involucri di gas che circondano la medesime galassia, al centro della quale sembra possa trovarsi un gigantesco buco nero.
Gli involucri sono composti di cavità, simili a delle bolle ed è proprio la loro natura a rivelarne le informazioni più sconvolgenti. Sembra che, a partire da queste bolle, vengano emanate delle vere e proprie ondeche si propagano attraverso i gas.
La natura di tali onde è da ricondursi a particolari onde sonore che potrebbero costituire il “suono” e, in un certo senso, la melodia dello stesso buco nero.
Suoni e vi-suoni dal black hole
Se è vero che il buco nero canta, è anche vero che la sua voce la più bassa dell’universo, tanto che neanche l’insieme di tutti i bassi e baritoni della terra riuscirebbe a interpretarla. Analizzando lo spettro sonoro rispetto alla frequenza dell’onda, la nota musicale che il buco nero emette è stata codificata come una specie di SI bemolle. Si tratta però di un’intonazione molto particolare perché è più bassa di circa 57 ottave rispetto al corrispondente Do 3, che rappresenta la terza ottava della tastiera di un pianoforte.
Ciò significa per, per riuscire a suonare questa nota su un pianoforte, sarebbero necessari altri 635 tasti aggiuntivi sulla parte sinistra della tastiera. Dal punto di visto fonetico, il buco nero è in grado di emettere un canto con una frequenza, circa un milione di volte più bassa del più suono più basso e percepibile dall’uomo. Inoltre le vibrazioni prodotte da queste onde, sarebbero responsabili della formazione e propagazione di nuove masse galattiche, a loro volta creatrici di altrettante fonti di suono. Questo fenomeno avvalorerebbe le numerose ipotesi che sostengono la tesi secondo cui l’intero Universo sia stato forgiato grazie al ritmo di una melodia misteriosa e dunque attraversato da un immenso “coro di voci”,risultato delle illimitate melodie provenienti da migliaia di buchi neri.
I buchi neri non sono gli unici musicisti del Cosmo
L’universo per natura è infinito, perciò non stupiamoci del fatto che, come per le forme di vita, non si possibile parlare di una sola forma di melodia o suono. Prendendo in esame esclusivamente il sistema solare, è possibile parlare di molteplici onde sonore dalla natura baritonale e in un certo senso fredda, nonostante la vicinanza al sole. C’è per esempio chi, come Matt Russo, sostiene che la malinconia del nostro sistema solare possa essere associata a molta musica rock degli ultimi 20 anni; in particolare quella dei Radiohead.
Le atmosfere algide e intimiste dellaband diTom Yorke hanno molto ispirato alcune ricerche dell’astrofisico e musicista canadese, il quale è riuscito a convertire alcuni dati della NASAin vere composizioni musicali. Analizzando i dati orbitali tramite un software specifico, Matt Russo ha evidenziato come i movimenti dei corpi celesti siano in grado di generare note e anche un ritmo. I dati erano in grado di mostrare che sia i pianeti come Venere, Marte, Mercurio, sia un “semplice “asteroide, non appena raggiunti un determinato punto dello Spazio, producono una nota. In particolare l’astrofisico si è accorto della somiglianza fra la melodia del sistema solare e una canzone dei Radiohead: True Love Waits; questo spiegherebbe la consonanza con la band inglese.
Che si tratti di Fantasia, scienza o entrambe le cose, il dato certo è che la presenza di vita nell’Universo potrebbe essere spiegata partendo dalla presenza di musica; attraverso l’individuazione di quelle frequenze e quelle vibrazioni responsabili del “Suono primordiale”che ha dato il “La” all’orchestra dell’infinito.