DON’T LOOK UP: LA REAZIONE PSICOLOGICA DI FRONTE ALL’EMERGENZA
Una commedia dell’assurdo, una satira che fa ridere ma destinata a far riflettere. Si tratta di “Don’t Look Up” uno degli ultimi film in uscita lo scorso dicembre sulla piattaforma Netflix.
Quello che ad una visione superficiale può sembrare un film divertente, quasi infantile nonostante tocchi temi catastrofici, è in realtà una tutt’altro che irrealistica messa in scena di meccanismi sociali, psicologici, mediatici e politici che l’uomo attua quando si misura con un’emergenza.
Può capitare, infatti, quando la realtà è troppo dura o pesante da “digerire” che si mettano in atto delle difese, più o meno strutturate, per salvaguardare il proprio Io dalla paura di non farcela.
Uno di questi meccanismi di difesa è la negazione, un concetto di cui in questi ultimi due anni si è molto spesso discusso.
Dall’inizio della pandemia quando il Coronavirus ha iniziato a espandersi in tutto il mondo, insieme al numero dei contagiati e dei morti, è aumentato anche il numero dei negazionisti.
Coloro che non credono che il virus esista, che si tratti di una manovra politica, di una forma di terrorismo psicologico, di una strategia per controllare l’umanità intera o di un esperimento andato male. Insomma tutto, ma non un virus.
È di questa negazione che si occupa il film Don’t Look Up. Una negazione che resiste ad ogni evidenza scientifica e al buon senso.
Il film, infatti, senza mai nominare la pandemia, vuole esserne una satira. In ogni scena possiamo avvertire qualcosa di familiare, che risuona nella storia contemporanea che ci troviamo ad affrontare.
La meteora è il virus che inesorabile minaccia di annientare il mondo, così come la pandemia ha spazzato via la realtà che conoscevamo, la vita “normale” che fatichiamo ormai anche a ricordare.
Gli scienziati interpretano gli scienziati stessi, visti con diffidenza, difficilmente creduti e col tempo difficilmente credibili, che si lasciano tentare dalla fama, vittime dell’incantesimo mediatico come il protagonista accecato dalla ribalta che gli fa dimenticare il pericolo, diventando addirittura, nella realtà purtroppo, cantautori allo sbaraglio.
Perché oggi tutto passa dai media, la verità è tale solo se a dirla è la televisione, se è condivisa da influencer e personaggi in voga e può essere adattata allo schermo di uno smartphone per costruirci sopra una storia o un reel.
Finchè ci sarà chi dall’emergenza otterrà un ritorno, in termini economici o narcisistici, e la verità raccontata sarà quella più comoda e non quella più utile, il negazionismo troverà terreno fertile. Come chi nega l’esistenza del Covid, o chi ignora il disastro climatico in corso, i potenti di questo film, guidati da Meryl Streep, perfetta Trump al femminile, minimizzano la realtà rincorrendo potere e denaro.
Il titolo stesso del film “Don’t Look Up” è un manifesto perfetto del negazionismo, così simile nel significato e nel contenuto a chi grida che il Coronavirus non esiste, che si proclama oggi No vax.
“Non guardare sopra” è “non guardare la realtà”, una meteora che inarrestabile si dirige sulla terra per distruggerla, perché accettare che questo stia succedendo significherebbe accettare che c’è qualcosa che le azioni non possono risolvere, che non siamo in grado di controllare qualsiasi cosa.
Ma una differenza tra l’assurdo recitato e quello reale c’è. La differenza sta in ciò che resta.
Ciò che ci resta sono le conseguenze psicologiche, con cui ci troviamo e ci troveremo per lungo tempo a confrontarci e combattere.
Le conseguenze della paura, della solitudine, della reclusione, di cui le mascherine restano un simbolo importante.
Conseguenze queste che nel film non vengono affrontate poiché il mondo finisce davvero.