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Cultura

DIVAGAZIONI DANTESCHE DI UN PROF A INIZIO D’ANNO

Tra mille difficoltà, la scuola riparte, più che mai all’insegna del “padre” Dante: il ritorno sui banchi avviene infatti esattamente nel 700° anniversario dell’ultimo giorno di vita dell’Alighieri, che spirava nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321, stroncato da febbri malariche.
(di: Mario Castini – Liceo “Taramelli-Foscolo” di Pavia)

E, come Dante, oggi agonizzanti e moribonde ci possono sembrare anche la nostra scuola, la nostra società, e la nostra cultura occidentale e “postmoderna”, travolte dalla pandemia.

Se si pensa infatti alle lacerazioni della nostra cultura e del nostro tessuto sociale ulteriormente allargate e approfondite dai colpi inferti dall’epidemia e dalle normative anticovid, che hanno di fatto limitato alcune libertà sentite come intangibili, messo in discussione alcune certezze che sembravano acquisite per sempre e minato la fiducia nella ragione e nella scienza, ci sembra proprio di trovarci nella “selva oscura” dello smarrimento e del disorientamento, in cui ragione e valori morali sembrano soccombere di fronte alle tenebre dell’errore o dell’imponderabile: come non vedere quindi nell’Italia divisa e confusa  una “nave senza nocchiero in gran tempesta” e un autentico “bordello”?

Ci sentiamo tutti precipitati in un abisso, così, anche la scuola si è trovata smarrita: è venuto meno quel dialogo interpersonale diretto, che è il vero e unico humus in cui può germogliare il seme della conoscenza, ci sono mancati l’incontro, la socialità, la stretta di mano come la pacca sulla spalla, i gesti di solidarietà, di reciproco aiuto e di affetto, e tutto è stato mediato da strumenti di cui abbiamo verificato insieme l’utilità e la fragilità, e dietro ai quali abbiamo dato forse il meglio ed il peggio di noi…

Ma, come all’agonia di Dante ha fatto seguito la consacrazione del suo  “genio”, e come nella disperazione della selva è apparsa la salvezza in Virgilio, cioè nella guida paterna e illuminata di una ragione capace insieme di riconoscere i suoi limiti e di osare l’inosabile, così, solo da una riscoperta di una ragione altrettanto umile e determinata può venire la speranza di una risalita.

È infatti uno spirito critico libero e laico l’unica risorsa a cui aggrapparsi, e la scuola in prima battuta è chiamata a farlo sbocciare e alimentarlo: è solo sulla base della fiducia nella razionalità che ci contraddistingue come uomini che possiamo infatti superare pregiudizi, steccati ideologici e fanatismi, e ricostruire un tessuto umano, sociale ed economico veramente comune e solidale.

Allo stesso modo, nella “piccioletta barca” della realtà scolastica, è solo la nostra razionalità che può consentirci di superare le difficoltà e le diffidenze reciproche, e indurre docenti e discenti a “provare e riprovare”, cioè ad adottare quel metodo scientifico fatto di ipotesi sempre da confermare o smentire che è unica garanzia di vero progresso.

Così, la scuola è chiamata a dimostrare ogni giorno che nel “seguire virtute e canoscenza” possiamo riscoprire la nostra dignità e identità umana e costruire ponti tra mondi e realtà diverse e lontane, perché in questo cammino la ragione umana si scopre sempre grande ma anche sempre fallibile, e scopre che non è vera ragione ma hybris, cioè tracotante ed empia superbia intellettuale, pretendere che tale ragione non abbia intrinseci limiti e fragilità. Ed è questo forse l’insegnamento più grande che ci viene dal viaggio dantesco: egli, pur continuamente ammonendosi all’umiltà intellettuale, esplora tutte le dimensioni dell’oltretomba sempre animato, oltre che  dalla passione per l’uomo,  da un inesauribile desiderio di comprendere razionalmente, per sé e per il mondo intero, anche ciò che va al di là dell’umanamente intelligibile.

Ma un altro insegnamento viene alla scuola dal rapporto intercorrente tra Dante e Virgilio: il Maestro si dimostra tale principalmente stando sempre accanto all’allievo, prendendolo per mano e sorreggendolo nei passaggi più impervi, anticipando i suoi dubbi, trovando i toni giusti per scuoterlo e consolarlo, meritandone la fiducia e dimostrando in ogni momento di aver fiducia in lui, e infine riconoscendosi serenamente insufficiente di fronte a ciò che sovrasta le sue capacità. Allo stesso modo, l’affidamento pieno di Dante al suo “maestro e autore” è modello dell’atteggiamento confidente dell’allievo che vede nel suo maestro insieme una guida autorevole e un compagno fedele.

Ed allora, nonostante le mille incertezze e paure, buttiamoci con entusiasmo, insieme a Dante e Virgilio, in questo nuovo viaggio, e non perdiamo mai quell’umiltà e quella fiducia che sole possono rendere anche il nostro cammino più “infernale” una risalita destinata a portarci non solo a “riveder le stelle”, ma, ancor più, a “salire a le stelle” e a capire sempre meglio, ciascuno con la propria sensibilità, quale profondità d’amore “muove il sole e l’altre stelle”.

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