La presente analisi ha lo scopo di confrontare le scelte degli Stati europei riguardo alla frequenza scolastica durante l’emergenza sanitaria da Sars-Cov 2 nel 2020.
I dati, che si riferiscono alle fonti presentate in sitografia, sono aggregati considerando il periodo compreso tra il 24 febbraio 2020 e il termine dell’anno solare.
Si è tenuto conto di alcune condizioni che avrebbero potuto influenzare le decisioni dei diversi Paesi:
dal punto di vista sanitario, l’impatto della pandemia sulla Nazione in termini di numero di contagiati e di vittime;
dal punto di vista sociale, il grado di digitalizzazione del Paese e del corpo
docente e alcune problematiche specifiche delle scuole quali il livello di
dispersione scolastica, il numero di alunni per classe e l’età media del corpo
docente.
L’individuazione delle disposizioni attuate e da attuare nei prossimi mesi,
sicuramente complessa in un periodo di forte incertezza, avrà un impatto rilevante sul sistema educativo e di riflesso su tutta la società.
Mettendo tutti i dati a confronto appare difficile capire come:
tra i Paesi più colpiti dalla pandemia, Belgio, Croazia, Francia, Lussemburgo, Spagna, e Svezia abbiano lasciato le scuole quasi sempre aperte, mentre la Repubblica Ceca, pur con un livello di digitalizzazione inferiore rispetto ai precedenti, le abbia chiuse così a lungo;
tra i paesi con minori percentuali di contagio, Italia e Romania,
rispettivamente al penultimo e all’ultimo posto del report europeo sulle digital skills del cittadino, abbiano effettuato scelte così diverse sull’apertura delle scuole, e appare difficile credere che sia legato solo all’età media degli insegnanti.
Nonostante i fattori presi in considerazione nella presente analisi non siano
esaustivi, in quanto non sono stati considerati, ad esempio, la distribuzione
demografica e il sistema di trasporti, appare evidente che il quadro è estremamente complesso e articolato ed è difficile correlare i dati alle scelte effettuate dai Paesi sull’apertura delle scuole.
Tuttavia, l’unica e inevitabile conclusione che possiamo trarre è che, pur nel comune contesto europeo, Paesi diversi attribuiscono un’importanza diversa alla cultura e alla scuola nella società. E questo dovrebbe far riflettere.
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