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Musica

Cinquant’anni di Abbey Road, tra suggestioni, provocazione, complotti e rivoluzione

Il 26 settembre 1969 usciva Abbey Road, l’ultimo effettivo album in studio dei Beatles. Da allora la musica non sarebbe stata più la stessa.

Era il 26 settembre del 1969 quando dagli studi dell’Apple Records usciva l’ultimo effettivo album dei Beatles: Abbey Road

Il punto di congiunzione fra provocazione e maturità artistica del quartetto di Liverpool era destinato a diventare un simbolo universale della Popular Musicper gli anni ’70 ormai alle porte. Nonostante l’ultimo lavoro in studio uscirà un anno dopo (Let It Be), quello del ’69 non solo renderà protagoniste le strisce pedonali più famose della storia, ma consegnerà al mondo il capitolo finale di una storia artistica che cambierà per sempre il percorso della musica contemporanea. 

Sono tanti gli elementi che rendono questo disco diverso dai precedenti e da molti stili dell’epoca. Il primo aspetto è dato dalla definitiva (e tardiva) consacrazione della sensibilità artistica di George Harrison: il più riflessivo, spirituale e irriverente autore di due fra i più grandi capolavori del rock; SomethingHere comes the sun

Una sensualità prorompente da accordi morbidi per un’atmosfera sospesa tra sogno ed estasi, che apre le danze dell’album, per poi lasciare spazio a un percorso visivo e acustico davvero emozionante, fra allucinazione, ironia, satira politica e amori travolgenti che a un certo punto si dissolvono per lasciare la scena al sole; quello di una ballata, che nasce per gioco assieme all’amico Eric Clapton e diventa l’icona della canzone “perfetta”.

Ma la varietà di linguaggi in Abbey Road oltrepassa i limiti del razionale, lasciando dietro di sé, tanta suggestione ma anche tante polemiche che ne hanno ovviamente alimentato il fascino.

Come Togetherè il simbolo del binomio fra “gioia e rivoluzione”. Nato da uno slogan di della campagna di Timothy Leary contro la candidatura di Reagan a governatore della California, il brano si muove secondo una logica puramente anticonformista, violando leggi sulla pubblicità, e pare anche di copyright, poiché nel testo compaiono due frasi tratte da You Can’t Catch Me di Chuck Berry.Resta comunque una canzone rivoluzionaria che presenta un Lennon pungente e istrionico capace di lasciarsi andare a malinconie Beethoveniane, come quel quella da cui nasce Because e all’ipnosi del suono primitivo come I Want You, dove compare per la prima volta il rumore bianco del primo Modular Moog .

Certo che se è vero che Abbey Road è il risultato finale di una lunga sperimentazione collettiva  su suoni, visioni e suggestioni, sembra che la commedia umana dei Beatles ruoti attorno alla figura di  Paul McCartney. In questo caso il riferimento è alla grande mole d’indizi presunti e non, sulla teoria della presunta morte, avvenutala sera del 6 novembre 1966.

L’intera macchina produttiva si è sempre in qualche modo “divertita a sparpagliare riferimenti cifrati e messaggi subliminali, nelle copertine e nelle registrazioni, con lo scopo di alimentare possibili congetture intorno alla vera fisionomia di Paul e il suo fantomatico alter-ego William Campbell.

L’ultima copertina realizzata da Ian Mc Millan racchiude in sé la summa degli indizi lasciati dalla band, per rivelare ciò che al mondo era stato tenuto nascosto.

John Lennon, vestito di bianco a rappresentare il gran sacerdote di un rito funebre di passaggio ad un’altra vita; Ringo Starrcompletamente vestito di nero quale  portatore della bara, mentre Paul, terzo a seguire nella fila, li segue  a piedi scalzi, secondo il rito anglosassone e infine George Harrisonin jeans, nei panni di colui che scaverà la fossa.

Uno degli indizi che ha solleticato di più la morbosità complottista è la targa LMW 281F del maggiolino parcheggiato sulla sinistra. Le lettere corrisponderebbero alla sigla “Linda McCartney Widow”mentre il numero 28 rappresenterebbe gli anni di Paul se fosse stato ancora vivo. Forse in questo caso la leggenda si contrappone alla musica, non dando il giusto contributo alla raffinatezza di musiche come Maxwell’ silver hammer, Golden Slumbers o del raffinato “tormentone” alla Fats Domino,Oh Darling, missato da un giovane Alan Parson. Oggi Abbey Road ha 50 anni e l’impulso vitale dato alla rivoluzione musicale degli anni ’70 continua a dare il ritmo interiore alla curiosità stilistica delle generazioni future.

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