Basterebbe questa parafrasi tratta da un grande disco degli Area per spiegare al meglio quello che sta accadendo a questo XXI secolo. Per chi ha vissuto gli ultimi decenni del ‘900, sta arrivando il momento di fare i conti con l’inevitabile scorrere del tempo, che porta con sé ricordi e rimpianti, ma soprattutto tante figure a noi care, e non sempre si tratta di parenti o persone amate. Se ne vanno presunte divinità o personaggi la cui arte, parola, idea ci hanno aiutato a crescere e guardare meglio il mondo e la vita; possiamo definirli Dei, appunto, che se ne vanno, mentre noi restiamo, sempre più arrabbiati.
Il mondo delle arti, in particolare la musica, sta perdendo figure molto importanti e il disagio o sconforto per noi sta nella mancanza di un ricambio generazionale vero. Così come sarà difficile avere un altro Ennio Morricone, a oggi sembra difficile pensare a un mondo senza Michel Petrucciani e ora senza il gentile e riservato Armando Anthony Corea, in arte Chick.
Sembra impensabile che una faccia così tranquilla e sorridente possa smettere di sorridere e soprattutto di mettere le ali su quelle dieci dita capaci di planare con leggerezza lungo gli 88 tasti del pianoforte come una barca a vela in una regata. Questa però è la vita e Chick, come Beethoven, Ravel, Emerson, Bowie era umano.
Ci si dovrà abituare alla mancanza di questo strano anti-divo del Massachussets, le cui origini sono racchiuse in un piccolo borgo della Pre-Sila catanzarese di nome Albi. Fu proprio un’alba la luce interiore con cui Armando inizia la sua carriera musicale; prima con il trombettista Blue Mitchell, Willie Bobo, poi come leader nel primo album “Tones For Joan’s Bones” del 1966.
Un pianista che non sarebbe rimasto una spalla o un orchestrale, poiché non sarebbe stato il suo stile. Il suo linguaggio nasce dalla formazione classica, in particolar modo Debussy e Ravel e si sviluppa nel jazz, prima con Roy Haynes e Miroslav Vitous, fino a quando la sua strada non incontra Miles Davis. Da questo incontro nasceranno “In a Silent Way” e “Bitches Brew”; in pratica la rivoluzione della sperimentazione elettronica all’interno dell’universo fusion che fu di Coltrane.
La ricerca, la curiosità e un vitalismo creativo prorompente, tra le componenti principali della musica di Chick Corea: un approccio naturale che parte dal classicismo mozartiano per confluire nelle risonanze metalliche del Fender Rhodes e la volubilità acustica del Moog, passando dall’avanguardia dei Circle con Dave Holland ai Return to Forever, nel quale suonò anche Al di Meola.
E fa sorridere pensare alla nostra epoca, nella quale la celebrità di un brano (non più di un album) passa per le visual su Spotify, quando nel 1975 un disco talmente ricco di particolarità e tecnicismi come “No Mystery” vinse il primo dei 23 Grammy Award ricevuti in tutta la sua carriera suonando i più grandi e senza dimenticare gli italiani, tra cui Pino Daniele e Stefano Bollani.
Fanno sorridere i tanti, troppi “artisti” che dopo un lavoro di successo vedono la loro carriera già in salita, mentre il nostro Chick ha continuato a lavorare e suonare fino alla fine e nonostante la salute sempre più debole. Durante il primo lockdown aveva canalizzato un vasto pubblico sul suo canale Youtube, con delle mini-performance casalinghe in diretta.
Ma le risate migliori si devono ai soliti detrattori; i paladini del “complotto ad ogni costo” che non hanno perso tempo a recriminare la figura di Corea per via della sua appartenenza alla “Chiesa” di Scientology.
Potrebbe essere stato un punto debole, per altri un punto di forza, ma per Chick il culto di L.R. Hubbard rimase una risposta a una visione dell’uomo alla ricerca di se stesso, anche fuori dalla terra. Da quando nel 1968 scoprì Dianetics, la principale opera di Hubbard, Scientology esercitò una profonda influenza sulla sua direzione musicale nei primi anni settanta:
A conferma di ciò vi è che alcune delle opere dell’album Return to Forever in collaborazione con Neville Potter, furono molto influenzate dalla filosofia di L.R. Hubbard.
Aldilà di sterili divagazioni, Chick Corea non si è mai nascosto dietro a spiriti di facciata ed è stato capace di rivelare se stesso, in modo assolutamente naturale e per nulla autoreferenziale questo, setta o non setta, è una virtù; una di quelle che si rimpiangono a persone di un’altra epoca e forse di un altro mondo.