Il 2 giugno di ogni anno in Italia ricorre la Festa della Repubblica, un evento che ricorda la nascita della Repubblica italiana.
Il 2 e 3 giugno 1946 gli italiani furono chiamati, tramite Referendum, a votare per scegliere la forma istituzionale da dare al Paese appena uscito dalla Seconda Guerra Mondiale. Il Referendum mise così fine al Regno d’Italia che dal 1861, data dell’Unificazione, per 85 anni, era stato guidato dalla famiglia reale dei Savoia e fece nascere la Repubblica Italiana. L’Italia passò in questo modo da una forma di governo monarchica a una forma repubblicana.
Il 2 e 3 giugno ci furono le prime elezioni dopo 22 anni di regime fascista. A tutti i cittadini italiani di ambo i sessi e maggiorenni furono date due schede. La prima per il Referendum istituzionale e la seconda per l’elezione dei deputati dell’Assemblea costituente, l’organo che avrebbe avuto il compito di redigere la nuova Carta costituzionale che entrerà in vigore il 1°gennaio 1948.
I risultati ufficiali del Referendum istituzionale furono: Repubblica voti 12.718.641 (pari a circa il 54, 27% delle schede convalidate), Monarchia voti 10.718.502 (pari a circa il 45,73% delle schede convalidate). Gli italiani scelsero la Repubblica. Curioso è ricordare i nomi di alcuni personaggi famosi che si schierarono a favore della Monarchia: Giulio Andreotti, Gino Bartali, Totò, Indro Montanelli, Eugenio Scalfari e Carlo Emilio Gadda.
Concluso il ventennio di dittatura fascista, per la prima volta la società italiana viveva l’esperienza di libere elezioni a suffragio universale maschile e femminile, seppure in un Paese allora ancora profondamente diviso sulla questione istituzionale. Esisteva una profonda spaccatura tra il Nord a maggioranza repubblicana ed il Sud a maggioranza monarchica, anche se gli eventi dell’ultimo ventennio – ed in particolare la sconfitta, il proclama di armistizio reso noto l’8 settembre 1943 dal Capo del Governo Pietro Badoglio, la fuga dalla Capitale dei vertici militari, dello stesso Badoglio, del Re Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto, lo stato delle forze armate italiane lasciate allo sbando, la guerra civile che divideva l’Italia – avevano reso improrogabile la scelta di una chiusura con il passato.
Il risultato elettorale per vide l’affermazione dei tre grandi partiti di massa: la Democrazia cristiana, il Partito socialista e il Partito comunista. Si affermarono le forze politiche legate alla tradizione popolare del movimento cattolico e del movimento socialista, ottenendo circa il 75% dei suffragi.
Le donne ebbero un ruolo ed un peso determinanti, votarono infatti 12.998.131 donne, contro 11.949.056 di uomini. Tutte le donne italiane poterono recarsi alle urne ed essere elette in elezioni politiche.
Sui banchi dell’Assemblea costituente sedettero le ventuno “prime parlamentari”, denominate, allora, “Madri Costituenti”, assai attente a non deludere le speranze delle italiane, comprese le aspettative delle donne che da partigiane, staffette, antifasciste avevano contribuito alla Liberazione. Cinque di loro sarebbero entrate nella “Commissione dei 75”, incaricata di scrivere la Carta costituzionale: Maria Federici, Angela Gotelli, Tina Merlin, Teresa Noce e Nilde Jotti.
“E le italiane – avrebbe scritto Tina Anselmi, in occasione della Festa del 2 giugno – fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Non eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. E tuttora vedo con dispiacere che per noi gli esami non sono ancora finiti. Come se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica!”