Integrazione, multiculturalismo, accoglienza; sono alcune delle parole più frequenti della nostra epoca. Ci sarebbe da chiedersi come mai si continui a guardare all’integrazione come a un fattore prettamente politico, ignorando ciò che l’arte è stata in grado di compiere realmente, sul medesimo piano sociale.
Nella musica del 900, ad esempio e con tutte le contraddizioni storiche della colonizzazione europea, la commistione di linguaggi diametralmente opposti, per cultura, razza e anche fede, ha dato i natali al blues, alJazz, allaSamba eallaBossa Nova. Pochi però ricordano uno dei casi più straordinari di “integrazione culturale” della storia della musica, avvenuta però non nel XX secolo, ma quasi duecento anni prima, quando nel 1745 nasce Joseph Boulogne Chevalier de Saint-George.
Questo nome altisonante, che “sa” di aristocrazia francese, appartiene in realtà al primo (a quanto pare) compositore mulatto della storia musicale europea; talmente eccentrico e raffinato, da diventare uno dei musicisti più ricercati negli ambienti colti della Parigi pre-rivoluzionaria.
Soprannominato (impropriamente) il “Mozart nero” il nostro compositore possedeva un carattere melodico moderatamente conforme agli stilemi classici del prodigio di Salisburgo, ma la grande naturalezza nell’apprendimento e la natura inconsueta dell’accostamento euro-caraibico, fanno di lui una figura chiave anche per la diffusione della musica europea nel nuovo mondo.
Joseph Boulogne Chevalier de Saint-George nacque a Guadalupe, frutto della relazione clandestina tra un ricco proprietario terriero, George Boulogne de Saint George e una schiava di origine senegalese di nome Nanon. Il giovane Boulogne si trasferì a Parigi molto giovane e ricevette un’educazione molto rigida e trasversale. Grazie alla sua abilità nella spada divenne presto ufficiale della Guardia del Re. Contemporaneamente portò a compimento lo studio della musica; studia con Jean-Marie Leclair e con François Joseph Gossec, diventando grande virtuoso del clavicembalo, del violino e infine direttore d’orchestra.
In un ritratto dell’epoca è possibile ammirare il compositore mulatto durante un concerto, durante il quale tiene in mano una sciabola al posto della bacchetta da direttore d’orchestra. Nel 1769 Boulogne è il primo violino e poi direttore del Concert des Amateurs, mentre nel 1775 viene nominato direttore dell’Opéra di Parigi e direttore musicale personale della regina Maria Antonietta.
Nel 1785 nasce, assieme Monsieur de la Haye, l’orchestra Concert de la Loge Olympique, che porterà in scena le sei sinfonie “Parigine” composte da Haydn proprio per l’orchestra, ma ciò che importante ricordare è lo stile compositivo di Boulogne de Saint-George: un linguaggio che si richiama ai canoni del tardo barocco, integrato in uno stile arioso e quasi romantico, al pari di Mozart, Bach (Carl Philippe Emmanuel) e un esordiente Beethoven. Tutto è contornato da una forte vicinanza agli ideali di fratellanza e uguaglianza, che dopo la Rivoluzione Francese e la caduta di Robespierre, lo condurranno a un progressivo isolamento. Il ritorno della schiavitù, infatti, avrà conseguenze negative anche sulla musica di Saint-George, la cui produzione sarà rimossa sia dai repertori orchestrali sia dai libri di storia, fino agli ultimi decenni del 900.
Tra le sue opere più importanti vi è L’Amant anonyme: una commedia di arie e balletti in due atti, messa in scena per la prima volta l’8 marzo 1780 a Parigi, presso il Teatro privato di M.me de Montesson. Pur conservando l’influenza di Mozart e Haydn,la partitura può essere considerata a tutti gli effetti cameristica, ma poiché l’Opéra non avrebbe mai accettato un lavoro di un musicista di colore, Boulogne si limitò ad adattare la composizione alle dimensioni di un teatro più piccolo, dove un pubblico ristretto colto e più illuminista avrebbe potuto apprezzare lo stile vigoroso e al tempo stesso raffinato di questo grande e troppo ignorato compositore “moderno”, esempio di una primigenia mescolanza “ante litteram”tra le culture e i popoli.