Medicina

#BodyPositivity: il normale non esiste

Body positive aka amati per come sei.

L’accettazione, in senso lato,  deriva da una mancanza preliminare: autostima, fiducia in sé, bellezza. L’essere belli è diventato un canone sociale e un modello di felicità. Ma chi ha deciso che tutti lo devono essere?

La beltà sembra essere diventata il nuovo criterio di normalità. 

Da come la si guarda, la normalità, riserva delle inaspettate sorprese ed è quindi possibile tracciare un profilo sociale delle sue caratteristiche. Per il criterio statistico ciò che è raro è anormale, la ripetizione invece è la normalità. Vogliamo ricordare che la bellezza è una cosa rara? Il criterio sociale afferma che, il concetto di normalità corrisponde a ciò che la società accetta come giusto. 

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’essere magri o, per lo meno, mantenere il peso forma è un giusto modo per prevenire l’insorgere di varie patologie tra cui diabete e tumori. Quando si parla di bellezza è sempre giusto, quindi, abbinarla alla salute, binomio senza il quale il bello non c’è.  

Questa è l’accoppiata con cui i media hanno creato le comunicazioni, puntando sul lato più recondito degli uomini, quello da cui nasce tutta la salute: la mente.

La bellezza che viene spesso vista nelle pubblicità si trasforma in una meta a cui ambire, a un obiettivo molto spesso inarrivabile da raggiungere. Molti di questi adv vendono prodotti, visti e rivisti, indispensabili a volte e mai completamente inaccessibili, riescono a infilarsi nel portafoglio dell’utente grazie alla strategia commerciale del vendere sogni, non oggetti. Ne sono esempio le pubblicità Nutella, in cui si vede condivisione, famiglia e amore, il tutto servito con pane e nocciolata spalmabile come dulcis in fundo di un’esperienza straordinaria. Ma cosa accade nella realtà? Si apre un barattolo e si assapora la crema marrone quando si è tristi, fiacchi e insoddisfatti. Perché basta un poco di zucchero e la pillola va giù… 

Così accade che modelle graziate di bellezza ingiusta diventano l’obiettivo da raggiungere per indossare quel vestito o provare quella nuova fragranza. 

Non è quel corpo o quel viso a cui i media vogliono far arrivare, non cercano di vendere l’insoddisfazione di non avere la famiglia della Mulino Bianco al risveglio, è solo una strategia commerciale -ed  un effetto collaterale- fatto di emozioni e sentimenti ma per lo spettatore l’unica cosa ragionevole a cui aggrapparsi sono le immagini che escono dallo schermo.  

E così via ai sentimenti, ma con qualcosa che rispecchi la realtà. Donne e uomini imperfetti, grassi, col naso storto, i brufoli, i denti storti, o senza denti, le gambe storte, seni piccoli, transessuali, con sindromi e patologie. 

Le portavoci e fondatrici del body positive erano per lo più donne, nere e con qualche chilo di troppo che a partire dal 2010 cominciarono a diffondere il messaggio del “non abbiamo nulla da cambiare, andiamo bene così come siamo”, lo facevano postando foto con l’hashtag #BodyPositivity. Con questo movimento si cerca di includere quelle persone che non sono dotate di un corpo ritenuto ‘normale’ dai canoni imposti dai media. Spesso ci si dimentica che chi opera nella pubblicità ha l’intenzione a farci vivere un emozione, sperimentabile e che potrà diventare esperienza solo con l’acquisto di un prodotto. 

Si sono creati gruppi, piattaforme e canali in cui è possibile raggiungere la fama  pur essendo un diverso ma ora, non si viene più riconosciuti per la totalità dell’individuo ma solo per ciò che è anormale dalla classica bellezza. 

È di notevole importanza che la popolazione sia un insieme di persone con autostima e fiducia in sé, un agglomerato ben inserito e diversificato che non lasci spazio all’emarginazione. Una persona che manchi di considerazione in sé viene automaticamente tagliata fuori dalla società e non sarà la società a farlo ma l’individuo che non accetti sé stesso. E allora SÌ al body positive e al suo motto: amati per come sei.

Exit mobile version