Sopracciglia folte, naso adunco e occhiaie ben in vista. Armine Harutyunyan, ormai nota come “la modella brutta di Gucci”, è stata il bersaglio di numerose polemiche per il viso ‘troppo particolare’.
Ma è grazie a quel viso che la 23enne, originaria di Erevan e laureata in grafica, ha sfilato alla Milano Fashion Week 2019 dopo aver conquistato il direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele.
Del resto, la nota casa di moda non è nuova a queste scelte ‘poco tradizionali’ prese anche con l’aiuto – come riporta il settimanale IO Donna – di un Diversity Manager impegnato a scovare nuovi volti e a rompere i canoni di bellezza troppo costrittivi; basti pensare al rossetto Gucci portato con orgoglio sulla bocca imperfetta di Dani Miller.
Grande nota di merito, quindi, a Gucci. Ma la domanda sorge spontanea: si sta davvero cercando di rivoluzionare il concetto di bellezza nel mondo della moda o è solo un’altra trovata di marketing per distinguersi dalla concorrenza?
Quello che è certo è che dopo la sfilata, Armine ha dovuto subire parodie e insulti sui social, mentre a peggiorare la situazione arrivava anche la notizia, poi smentita, che vedeva la giovane inserita da Gucci nella lista delle 100 modelle più sexy del pianeta.
Ed è qui il punto focale di tutta la vicenda. Pubblicità, grandi case di moda e tutti i ‘venditori del bello’ hanno sempre inculcato dei modelli preconfezionati sulla base di calcolate ricerche di mercato. Ora gli stessi affermano, forti di un moralismo spicciolo, che “il diverso è bello”. Giusto, peccato che a deciderlo debbano essere proprio loro.
La Harutyunyan potrebbe diventare, a sua insaputa, l’ennesimo capro espiatorio delle mode che cavalcano i fenomeni sociali attuali, in particolare quello del body shaming e del body positive; fenomeni che in tanti sfruttano solo per un tornaconto personale.
Armine viene fatta sfilare perché diversa dalle solite modelle, perché questa scelta fa discutere, perché chi l’ha scelta fa parlare di sé, mentre la gente con la testa satura di discutibili ideali la insulta perché – come afferma la stessa Armine – ha paura, non è pronta al diverso.
Poi ci sono quelli che, abbracciando la tendenza del momento, la supportano convinti di attuare una piccola rivoluzione ma che in realtà non riescono a liberarsi dei cliché.
È il caso del fotografo Oliviero Toscani che in un’intervista su Ansa prende maldestramente le difese della modella dichiarando: “Non è una faccia comune questa, è una scelta molto intellettuale. Comuni sono le biondine, le ‘fighette’…” – e ancora – “Questa è una faccia che incute rispetto. Non fa venir voglia di fare il bullo. Incute un rispetto, perché non sculetta”.
Che cosa, dunque, è davvero bello e cosa non lo è? Armine è bella? Sì, è brutta? Anche!. Il concetto di bellezza è troppo spesso aggiustato, rivoluzionato in nome di una falsa libertà. Ma non c’è nessuna libertà nell’essere belli o brutti se a deciderlo sono gli altri; la vera libertà, un altro cliché ma molto più sensato, è essere se stessi.