ADDIO ALLE MASCHERINE ALL’APERTO, MA L’ANSIA CRESCE
L’impatto del coronavirus sulla salute mentale è stato molto trascurato, e sottovalutarlo è stato ed è tutt’ora un grosso errore, poiché le ripercussioni psicologiche peseranno per anni sia su coloro che prima della pandemia non presentavano alcun disturbo d’ansia, in soggetti già fragili, oppure in quelli che combattono con le conseguenze della malattia, sia di tipo fisico che di tipo emotivo.
L’isolamento, l’etichetta di malato, l’incapacità a ristabilire una competenza sociale, persa o arrugginita a causa del tempo passato in solitudine, sono tutte cause dell’aumento di disturbi d’ansia, vere e proprie malattie, spesso sottostimate perché non evidenti nel fisico, ma che condizionano pesantemente la vita presente e il futuro di ampie fasce della popolazione mondiale.
In particolare, il disturbo d’ansia di malattia e l’ansia sociale hanno raggiunto enormi picchi dall’inizio della pandemia, e sono aumentati ancor di più nelle ultime settimane, dalla notizia del ritiro dell’obbligo delle mascherine all’aperto.
Un momento tanto atteso quanto, da molti, temuto. Dal 28 giugno, in Italia, è stato eliminato l’obbligo delle mascherine all’aperto; un segnale di miglioramento, di un nuovo piccolo grande passo verso la liberazione dal virus. Non tutti, però, vivono questo passaggio con serenità e sollievo. Per alcuni è motivo di maggiore ansia e timore.
Le persone emotivamente più deboli possono avvertire un aumento del pericolo di contagio, vedere ogni altro come un possibile portatore, ed evitare per questo di uscire per strada, andare all’aperto e, di conseguenza restare, in qualche modo, in una situazione di isolamento che a sua volta conduce ad un irrigidimento del disturbo.
Un susseguirsi di ferite psicologiche; dapprima la chiusura e l’obbligo della mascherina. Ora un nuovo cambiamento: mettere da parte quello strumento che, nonostante la sofferenza che rappresenta, ha comunque creato uno schermo, una distanza dal pericolo che ora, almeno all’aperto, non è più un obbligo, e così ogni persona è un nuovo nemico per la propria salute, è qualcuno che può giudicare, sminuire e da cui tenersi lontano.
Tutto questo secondo il gruppo di ricercatori dell’università di Waterloo. Attraverso lo studio, che è stato condotto da esperti del Dipartimento di psicologia dell’ateneo belga e pubblicato sulla rivista “Anxiety, Stress & Coping”, si è stimato che una sostanziosa percentuale della popolazione non abbandonerà la mascherina. Tutto ciò perché il disturbo d’ansia sociale, sebbene poco considerato come una vera e propria malattia, nella sua forma più grave colpisce il 13% della popolazione e i numeri sono in aumento. Si tratta di un disturbo che porta le persone che ne sono affette ad evitare le situazioni sociali, per non rischiare di essere giudicati per il proprio aspetto o il proprio comportamento.
In più, ha spiegato David Moscovitch, uno degli autori dello studio, “Molte persone che, prima della pandemia, non hanno mai lottato con l’ansia sociale, potrebbero sentirsi più ansiose del solito, specialmente all’interno di contesti in cui ci si rende conto che le loro abilità sociali sono arrugginite”.
D’altro canto è pur vero che, a causa della difficoltà di queste persone di comprendere i segnali e i messaggi provenienti dagli altri e quasi sempre interpretati negativamente, l’uso delle mascherine ha ancor più inficiato la capacità di comprensione delle intenzioni altrui, aumentando l’ansia di non piacere.
Un circolo vizioso quindi, da cui è difficile uscire e in cui sempre più persone cadono, spesso senza trovare l’adeguato sostegno dei servizi psico-socio-sanitari.