Il conflitto che il 15 aprile è scoppiato nel Paese africano al centro del Corno d’Africa ha avuto inizio a seguito di una profonda crisi politica con lo scontro frontale tra le forze armate del presidente e le forze del vicepresidente che si contendono il potere per non perdere il controllo economico e sociale.
Gli scontri vedono protagonisti l’esercito regolare e il gruppo paramilitare chiamato Rapid Support Forces (RSF), la cui violenza da molti viene paragonata alla brigata mercenaria russa Wagner.
Si tratta di un territorio molto vasto (è il terzo stato africano per estensione) con rivalità etniche mai sopite, miniere d’oro, uranio e manganese, oltre ad una posizione geografica dall’alto valore strategico, per questo la guerra civile sudanese potrebbe destabilizzare l’intero e martoriato Corno d’Africa creando una grave crisi migratoria con flussi di disperati verso i confini europei.
E ‘una Regione segnata da dittature ed instabilità politica in cui sono diffusi forti livelli di diseguaglianze sociali dove la maggior parte della popolazione vive in condizioni di forte povertà con un’aspettativa di vita alla nascita di 60 anni per gli uomini e 64 per le donne. Ogni donna mediamente partorisce quattro o cinque figli ma la maggior parte di essi muore entro il quinto anno di età.
Sono parecchi i Paesi che stanno rimpatriando i loro cittadini dal Sudan, tra questi l’Italia; infatti, a Ciampino la sera del 24 aprile è atterrato un aereo militare con il quale sono stati rimpatriati i nostri connazionali che hanno voluto lasciare il Sudan. Per loro libera scelta sono rimasti solo i volontari di Emergency e qualche missionario.
Purtroppo, a nulla è servito l’appello della comunità internazionale affinchè le milizie cessassero il fuoco e si aprissero ad un dialogo o ad un accordo che portasse il Paese africano verso un governo civile dopo il colpo di stato del 2021. Secondo alcuni operatori umanitari e diplomatici sul posto, le operazioni sono definite “molto complesse”, parole condivise anche dall’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue Joseph Borrell che ha aggiunto:” dobbiamo spingere per una tregua, non possiamo permettere che il Sudan imploda perché creerebbe scosse telluriche in tutta l’Africa”.