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Cultura

SANTO STEFANO: STORIA DEL PRIMO MARTIRE CRISTIANO

Il giorno dopo il Natale non a caso fu dedicato a Santo Stefano, lapidato a Gerusalemme sulla pubblica piazza dove egli stesso, tra mille sofferenze, chiese a Dio di perdonare i suoi aguzzini.
di Tiziana Bosio

da Wikipedia: Santo Stefano - GIOTTO - Tempera e oro su tavola (1330-1335) Museo Horne Firenze

Il giorno dopo la ricorrenza della nascita di Gesù la Chiesa ha inserito quella dei “Comites Christi”, ossia i compagni di Cristo cioè coloro che hanno avuto analoga sorte: ecco perché il 26 dicembre fu da subito il giorno di Stefano. Il 27, invece, si celebra San Giovanni Battista, il discepolo prediletto dal Messia ed il 28 è dedicato al ricordo dei Santi Innocenti, i bambini vittime delle stragi ordinate da Erode nel vano tentativo di impedire la nascita del Nazareno.

Tale ordine deriva dal fatto che Stefano fu in assoluto il primo a subire la stessa sorte di Gesù e praticamente nella stessa maniera. Proprio per questo viene denominato Protomartire, dal greco protos che significa primo. Anche lui compì miracoli, visti con molto sospetto dalle autorità; inoltre fu un grande predicatore che ogni giorno riusciva a convertire tantissimi fedeli e, proprio per questo le autorità di Gerusalemme lo considerarono un pericolo e lo accusano di sovvertire la legge di Mosè. Quando fu trascinato davanti al Sinedrio, il supremo consiglio della Palestina, pronunciò un discorso infuocato accusando i giudici di insensibilità e durezza di cuore, il Sinedrio non lo condannò, ma un gruppo di facinorosi lo prelevò con la forza, lo trascinò sulla pubblica piazza dove lo lapidò. Lui in quei momenti porse l’altra guancia e arrivò a chiedere a Dio di perdonare i suoi aguzzini perché “non sanno quello che fanno”. Il parallelismo con il martirio di Gesù è perfetto.

Attraverso gli Atti degli Apostoli l’episodio viene riferito con molto rigore, mentre la leggenda popolare si spinge ben oltre in quanto individua nella pietra non solo lo strumento della morte del santo, ma anche quello della sua nascita. Una leggenda popolare racconta infatti che, alla nascita di Gesù, una giovane donna di nome Stefania avrebbe voluto far visita a Maria, siccome però al suo cospetto erano ammesse solo donne con figli, l’astuta ragazza si mise in grembo una pietra avvolta in uno scialle, fingendo così di avere in braccio un neonato.

Dopo l’incontro con Maria la pietra iniziò ad animarsi trasformandosi in un neonato, il piccolo Stefano. Verità o fantasia si tratta di una storia suggestiva, al punto che questo doppio legame identifica ancora oggi Stefano come patrono e protettore dei muratori e dei tagliapietre e come guaritore dai calcoli, secondo una logica che si potrebbe quasi definire omeopatica. Questa tradizione ben si collega alla vita dei santi, spesso al confine dell’impossibile.
Senza miracoli la santità non è possibile e, di prodezze miracolose ne vengono ricondotte a Stefano molte, anche dopo la sua morte, per questo le sue reliquie, richiestissime, sono aumentate in maniera esponenziale al punto da alimentare un fiorentissimo commercio di falsi che impedì alla Chiesa di pronunciarsi su quali fossero autentiche e quali invece false. In effetti la Chiesa si limitò a constatare che parti del corpo di Stefano erano conservate a Venezia, Costantinopoli, Ancona, Ravenna e in Francia, ma soprattutto a Roma, dove nel Settecento si venerava il suo cranio nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, un braccio a San Luigi dei Francesi, un altro braccio a Sant’Ivo alla Sapienza e addirittura un terzo braccio a Santa Cecilia. Come se ciò non fosse sufficiente, un corpo intero a lui attribuito era esposto a San Lorenzo fuori le Mura.

Un vero capolavoro, però, Santo Stefano lo compie nel 1659 a Napoli, nella chiesa di Santa Maria ad Agnone dove è custodita una reliquia di sangue senza nome. Si racconta che i canonici ebbero l’idea di cantare una dopo l’altra tutte le antifone dei santi sperando in un segno da parte di uno di loro. Dopo vari e vani tentativi arrivò il turno di quella di Santo Stefano: il canonico non fece nemmeno in tempo ad intonare la prima strofa che il sangue rappreso si sciolse. Attualmente la prodigiosa fiala è custodita a Napoli nella basilica di Santa Chiara dove si scioglie il 3 agosto ed il 25 dicembre, anche se pochi ne sono a conoscenza, in quanto in fatto di prodigi di sangue, a Napoli il primo martire è solo secondo.

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