Correva l’11 Gennaio del 1895 quando ad Evanston, considerata la cugina timida di Chicago nasceva Laurens Hammond, ingegnere, progettista al cui nome è legato uno degli strumenti più celebri del XX secolo: Il venerato organo “Hammond”.
Succedendo al fisico sovietico Lev Sergeevič Termen che nel 1919 ideò il primo strumento elettronico della storia, e precedendo il grande Robert Moog, il professor Hammond si aggiunge a quella lista di scienziati che hanno rivoluzionato la musica del ‘900.
Pur non essendo un musicista, Hammond era molto sensibile ai benefici della musica, cominciando a teorizzare l’idea di qualcosa che permettesse l’accesso alla musica da parte di tutti, anche di chi non avesse grandi disponibilità economiche.
Fu così che nel 1933 egli acquistò un pianoforte usato, con l’idea di sfruttare unicamente la meccanica della tastiera, effettuando una serie di esperimenti di generazione del suono.
Il punto di svolta arrivò quando il suo cantabile W. L. Lahey, che era anche l’organista della vicina St. Christopher’s Episcopal Church, si offrì di testare le potenzialità timbriche del prototipo, preparando uno strumento che fosse in grado di esaltare la potenza e il calore di un vero organo a canne. Fu così che il 19 gennaio 1934 il brevetto del primo organo elettromeccanico o elettrofonico fu consegnato alla storia.
Il progetto di Hammond si basava sulla sintesi armonica delle forme d’onda, attraverso il controllo di una serie di rotelline metalliche dentate, simili a degli ingranaggi e denominate ruote foniche. Queste erano fatte azionare da motori sincroni pilotati con una frequenza di di 60Hz, con la quale era possibile generare un campo magnetico costante e una bobina in grado di generare impulsi elettrici; l’ecquivalente del pick up di una chitarra elettrica.
L’unico limite rispetto alle armoniche di un organo a canne dipendeva dal controllo singolo di ogni tasto, che permette comandare un numero elevato di canne; in questo caso e senza un impianto a canne tubolari, l’organo Hammond era in grado di generare, per ogni tasto, un numero massimo di nove tonalità.
L’elemento più caratteristico di questo strumento è probabilmente il click generato dalla pressione del tasto, quasi come una dinamica pilotata e dai cosiddetti tiranti o drawbar, ossia leve in grado di combinare i registri armonici, aumentandone le variazioni melodiche e timbriche.
Sono tanti i grandi virtuosi delle tastiere che hanno sfruttato quest’organo in tutte le sue potenzialità, sin dagli anni ’50. Basti pensare a Jimmy Smith, Booter T. Jones e Brian Auger che lo introdusse anche in orchestra, per poi scorrere i decenni del rock, partendo dai Beach Boys per arrivare ad Al Cooper, Traffic, Procol Harum, Bob Dylan, Deep Purple, Pink Floyd e ovviamente il progressive Rock dove l’Hammond diventò il punto di congiunzione tra sinfonia e rock’n’ roll, grazie a virtuosi di primo livello quali Rick Wakeman e gli Yes, i Genesis e soprattutto Keith Emerson che assieme a Lake & Palmer, portò lo strumento allo sviluppo delle timbriche più estreme, sfruttandone la rotazione e la potenza valvolare, fino allo stesso corpus, tanto da sollevarlo, buttarlo a terra, infilando coltelli tra i tasti, violentandolo come Jimi Hendrix faceva con la chitarra.
Oggi l’organo Hammond è andato avanti, forte della sua storia, ma ancora in grado di affascinare milioni di musicisti e appassionati nel mondo, i quali pur non potendosi permettere un Model B3 o altri esemplari storici, possono comunque permettersi uno dei tanti modelli di nuova generazione e dotati di tutti gli strumenti di nuova generazione, alternando il fascino del suono potente di altre epoche e la fedeltà e praticità delle nuove tecnologie di generazione del suono; elementi che devono la loro stessa esistenza a una serie di scienziati, non musicisti, come Laurens Hammond.