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Volontariato

IL VOLONTARIATO DI TUTTI E NESSUNO

Un lungo corso di preparazione, di quelli che preparano davvero, un turbinio di emozioni, il verdetto positivo, si comincia, sei ufficialmente volontario.

Arriva il giorno prescelto, sei forte di tutto quello che ti hanno detto, delle simulazioni fatte, ti senti invincibile e anche un po’ spavaldo, varchi la porta dell’ospedale e succede l’irreparabile.

Arriva un’orda di bambini che a confronto i barbari potrebbero mettersi da parte, ciascuno con le proprie velocità, inclinazioni, c’è chi arriva dopo perché si trascina il fardello della flebo e poi c’è tutto un mondo che rimane in stanza.

Eh sì, perché ci sono i timidi, quelli provati dalla malattia, quelli che hanno perso la voglia, il sorriso, la forza, lì tu, volontario, devi dare il meglio di te, mettere a dura prova i tuoi limiti. Devi essere deciso ma non troppo, mai forzare il corso delle cose ma mai essere troppo remissivi, devi tarare il tuo linguaggio al bambino con cui parli, non puoi conoscere la sua malattia ma puoi immaginarla.

Poi ritorni in ludoteca e comincia il conto alla rovescia, hai a che fare con delle piccole creature, anche se ogni tanto ti viene incontro un gigante di 16 anni, prendono un gioco e si stancano dopo due nanosecondi, litigano, piangono, si lamentano, sono in ospedale ma rimangono sempre bambini e tu non puoi dimenticarlo.

C’è chi non ragiona, chi ti volta le spalle offeso, a quello non stai simpatico, l’altro stravede per te, chi ti insulta, chi ti loda, sei il volontario di tutti e nessuno, come un giudice davanti alla causa della sua vita.

(da: pixabay.com)

Dopo un po’ cominci i giri nei vari reparti, sei sempre nello stesso ospedale ma è come se prendessi uno shuttle per andare su Marte. Capisci come ogni storia sia diversa, vedi piccoli corpi attaccati ad ogni genere di tubo, ad una maschera per respirare, alcuni sono attaccati alla vita con l’ultimo residuo di unghie.

C’è chi non ha muscoli e chi non ha capelli, c’è chi mantiene il sorriso nonostante la vita bastarda e chi, a quella bastarda, non vuole perdonare niente. Ci sei tu e un violino da suonare con delicatezza, non puoi sbagliare nulla perché hai a che fare con nervi scoperti.

Chi ti manda a fanculo, chi non ti vuole lasciare più, il genitore che ti accoglie con un sorriso e uno che ti manda a quel paese, tu devi stare muto e avere rispetto, loro si trovano in quella situazione e tu sei ospite, che tu sia gradito o sgradito lo decidono loro, fa parte del gioco.

Poi l’orario finisce, si torna a casa a fatica, sia perché non vogliono mollare sia perché devi rielaborare tutto, apri la porta del tuo appartamento e ti proietti già alla settimana successiva, vuoi sapere come sta x piuttosto che y, vuoi continuare la partita a carte con z, vuoi sentirti utile per qualcuno e soddisfare la tua missione di vita.

Ma la settimana successiva non andrai più in reparto, un nuovo nemico minaccioso ha deciso di ostacolare la strada, arriva il Covid ed anche il mondo del volontariato subisce lo scossone, accendi un pc, ritrovi le facce dei tuoi piccoli sullo schermo, è pur sempre qualcosa ma non è lo stesso. Soprattutto per loro.

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