Bella per carità, la partita e mezza che sabato sera ha visto le semifinaliste di Supercoppa Femminile sfidarsi sotto le stelle, nello scenario di Piazza dei Signori di Vicenza. Una scelta insolita e suggestiva per celebrare il ritorno alla normalità, dopo 6 mesi dall’inizio di quel maledetto lockdown. Con quel taraflex fucsia a cui siamo abituati e che sabato sera a causa della troppa umidità si è trasformato in una di pista di pattinaggio, costringendo la sospensione del gioco.
Le azzurre del volley hanno in palmares solo un mondiale, nel 2002, ma il movimento e il tesseramento vede una fortissima partecipazione. Eppure, questo sport fatica a trovare la giusta dignità e visibilità sui media nazionali.
Questa non è la cronaca di una gara dall’esito scontato, quanto piuttosto la testimonianza dell’emozione di un mondo di appassionati, a partire dalle giocatrici in campo, ritrovarsi a piangere e sorridere e abbracciarsi, in barba a tutte le molte, spesso ipocrite norme anti-Covid.
Sin dai primi giorni successivi alla chiusura di tutte le attività sportive, a marzo, il principale problema per ogni sport è stato quello di trovare una soluzione per garantire la composizione del ranking per poter giustificare le partecipazioni a competizioni internazionali.
Lo si è visto in primis con il calcio. Occorreva trovare una formula per avere classifiche con vincitori e vinti. Si erano persino ipotizzati giochi con logaritmi, o tornei in cui le squadre di serie A avrebbero dovuto giocare a ritmi serrati. A partire dalla fine giugno le gare di calcio che si sono susseguite con un ritmo frenetico hanno decretato si i vincitori nelle competizioni, ma nell’angoscia di stadi vuoti e silenziosi.
La gara di domenica è stata prevedibilmente lenta, 6 mesi di stop si vedono, Eccome!
Lo spettacolo non era nel rettangolo di gioco o negli schemi un po’ scontati, ma nella serata di gala da pink carpet, negli spalti un po’ più pieni del previsto, (e forse del lecito). Lo spettacolo nello spettacolo è stato ritrovare in campo una veterana (e che veterana), Francesca Piccinini, da sempre maglia numero 12, classe ‘79, ultima giocatrice in attività di quel mondiale che il 15 settembre 2002 ha colorato di blu il cielo di Berlino, lei, un’highlander che a 41 anni non se la sente di attaccare le scarpette al muro.
Alla fine dei 3 veloci set a favore di Conegliano, si svela anche il senso di quella fascia nera indossata dalle pantere: un ricordo per Paolone Sartori, capo tifoso di Conegliano prima vittima del Covid-19 nella famiglia del volley.
Le polemiche per un torneo che sin da subito si sarebbe dovuto svolgere indoor ora stanno a zero. Il Presidente di Lega ha ribadito che la sua più grande soddisfazione è stata riportare la pallavolo che conta al centro dell’attenzione e che attenzione, visto che su RaiDue in diretta non ci erano ancora arrivate! Insomma, dopo 6 mesi tutto questo non è che un ronzio noioso che non scalfisce la gioia di essere riusciti a respirare l’odore del taraflex misto a polvere e sudore, inebriante, quasi afrodisiaco. Lo spettacolo è stato ed è vedere finalmente giocatrici, allenatori, staff tecnici, tutta la famiglia del volley tornare a riabbracciarsi.
Sulle note classiche di “We are The Champions” e sotto la pioggia di coriandoli tricolore viene sollevato il primo trofeo della stagione.
Domenica 6 settembre 2020, il volley si è riappropriato pacificamente dei palazzetti.
Questo il New Normal che volevamo e che vogliamo.