Ora che anche il maestro Ennio Morricone ha cessato di muovere la sua bacchetta magica, per dirigere un’orchestra infinita, fatta di memorie ed emozioni, il mondo ci sembrerà ancora più vuoto. È il tradizionale epitaffio della ragione a muovere le speranze di qualcuno o qualcosa che possa continuare la tradizione. Eppure il grande compositore rappresenta una straordinaria eccezione a ogni tipo di stilema della musica contemporanea: in particolare il legame sottile fra musica colta e popolare, senza distinzioni né pregiudizi. Morricone è stato forse il più sensibile fra i grandi musicisti del 900 ad aver tracciato un percorso definitivo verso l’unità stilistica fra i generi; tutti irrimediabilmente connessi dall’evoluzione culturale dei tempi.
Pochi, alla fine della guerra, avrebbero potuto immaginare di incrociare dei modelli apparentemente lontani, per traghettare il nuovo mondo che si sarebbe sviluppato.
Dalle aule del Conservatorio Santa Cecilia, a Roma, agli studi con Goffredo Petrassi, quella tromba che andava alla ricerca di nuove strutture compositive, sarebbe diventata un piano, un clavicembalo, un oboe, un flauto, una chitarra e un canto fluttuante, destinati a dare nuovi ritmi allo sguardo contemporaneo.
Il mondo immaginato e creato da Morricone è una galassia di colori, sapori, sensi, tensione e vibrazioni che oltrepassano la normale predisposizione all’ascolto, mentre la sua bacchetta muove le vibrazioni armoniche, con eleganza e dinamismo, di un’orchestra infinita e universale.
Le note di Morricone sono alchimie spazio-temporali che attraversano il tempo e le stagioni: è Wagner che incontra Berio, Mahler che danza con Skrjabin, Bartok che dialoga con Armstrong, sul “parquet della notte” di Jelly Roll Morton.
La poesia dell’immagine è divenuta poesia sull’immagine, dotata di autonomia e capace di dare nuovo significato a voci, strumenti, figure e paesaggi. La mia personale immagine viva nel ricordo delle volte che ho incrociato il suo limpido sguardo di artista: quando nel 2003 ho avuto l’onore di aprire, con il gruppo d’improvvisazione della Scuola popolare di musica di Testaccio, un suo piccolo concerto per coro presso il Goethe Institute, suonando un brano del Gruppo Nuova Consonanza di cui Morricone fu uno dei fondatori. Infine nel 2008 come assistente di Palcoscenico al Teatro Politeama di Catanzaro, quando egli aprì la rassegna “La grande musica per il cinema”, con la sua Roma Sinfonietta.
In queste e altre occasioni, sarebbe stata l’unica volta in cui avrei voluto farmi un selfie, per vedere la mia espressione surreale, mentre sto seduto vicino al maestro, realizzando che tutto ciò sia vero e possibile.
Ennio Morricone rimane qui vicino a me, seduto sulla sedia, fermo e con gli occhi semi-chiusi, attendendo di salire su quella stella che porta il suo nome, come in cielo così in terra.