In Grecia marchiarsi permanentemente la pelle era una pratica considerata poco elegante, da evitare: era proprio dei barbari tatuarsi ed era utilizzato il termine stigma proprio per l’ideale negativo che si portava dietro quest’usanza.
Anche per i Romani il tatuaggio era un simbolo negativo: fu usato come segno di sottomissione. Infatti, con i marchi sulla pelle si distinguevano immediatamente schiavi e prigionieri; a eccezion fatta per quanto riguarda i soldati, che occasionalmente si tatuavano durante le campagne militari. L’imperatore cristiano Costantino vietò il tatuaggio sul viso poiché il volto, creato a immagine di Dio, andava deturpato in minor modo possibile.
In età medioevale Papa Adriano durante il Concilio di Nicea del 787 d.C. vieta espressamente il tatuaggio. Nonostante questo, alcuni cristiani (spesso crociati o pellegrini), si tatuavano piccoli segni religiosi sul corpo in modo da essere riconosciuti come fedeli al momento della morte e dunque poter essere sepolti con i dovuti riti.
Successivamente l’uso del tatuaggio cadde in un oblio che durò fino al diciannovesimo secolo: due eventi ne segnarono il ritorno.
Il più importante è il collegamento con i popoli extraeuropei. La parola stessa tatuaggio deriva da “Tattow”, parola polinesiana adattata da James Cook, famoso esploratore e navigatore britannico. Il secondo evento è la pubblicazione del famoso saggio di Cesare Lombroso L’uomo delinquente, all’interno del quale troviamo una descrizione dei tatuaggi degli strati più bassi della società.
Di conseguenza, in Inghilterra intorno al 1870 nacque un interesse della upper class verso i tatuaggi che vengono considerati come segno di conoscenza di popoli lontani (soprattutto giapponesi). La fascinazione è di breve durata perché con l’invenzione della macchina elettrica per tatuaggi nel 1891 essi divengono più comuni e disponibili anche ai ceti più bassi. I tatuaggi si legano indissolubilmente ai ceti più poveri come marinai, prostitute, fenomeni da baraccone.
Dalla fine degli anni Settanta ad oggi la cultura del tatuaggio in occidente si è, però, modificata. Prima legata solamente alle sottoculture giovanili, è riuscita adesso a conquistare qualsiasi strato sociale andando a cancellare quella nomea negativa che lo permeava da sempre. Il tatuaggio occidentale contemporaneo è il segno di una commistione di stili e modi di vivere, storie e leggende, il segno di un mondo senza frontiere.