L’interessarsi all’artigianato parte sicuramente dal fatto che gli oggetti realizzati in modo seriale dall’industria risultano senza personalità, riducendo chi li possiede a sentirsi parte di una massa priva di individualità ed anche per la scarsa validità dei prodotti di fabbrica.
L’attualità pare nuovamente rivolgersi al medioevo, periodo in cui i pittori, per esempio, cominciavano a frequentare le botteghe e tutto iniziava a tramandarsi di mano in mano. Dunque, il guardare al passato in questo caso è un fatto positivo. Fu proprio William Morrische a fine ottocento diede vita ad un movimento per la riforma delle arti applicate, denominato Arts and Crafts(“arti e mestieri”). Infatti Morris seguendo le lezioni di John Ruskin, il quale predicava un ritorno alla semplicità del lavoro dell’uomo, ripercorrendo i passi di quello medievale, si contrapponeva al modello industriale e alla sua freddezza. Seguendo la teoria secondo cui «non è l’uomo al servizio della macchina, ma la macchina che deve essere al servizio dell’uomo», tanto che attraverso questa si possano creare prodotti qualitativamente apprezzabili, Morris spianò a tutti noi la strada. Fondò con alcuni suoi compagni di università la confraternita dei preraffaelitinella quale si desiderava elevare gli artigiani alla condizione di artisti.
La nostra epoca, guidata dal vento delle innovazioni, spinge artigiani come Giuseppe Milazzo (Piazza Armerina, Enna, ‘61), a vestire i panni dell’artista, naturalmente, senza porsi troppe domande. Il suo percorso è iniziato all’interno di un laboratorio di pelletteria di Milano, sul finire degli anni 70, portandolo a realizzare vari articoli: dagli accessori per l’abbigliamento a borse e valigie come anche rivestimenti per l’arredo. «Imparai ad amare la materia… prima la pelle: il suo odore, la sua consistenza, i suoi colori e la sua versatilità. Imparai tutti i vari processi di lavorazione, dalla selezione al prodotto finito. I buoni risultati che riuscii ad ottenere grazie all’impegno, curando i dettagli di ogni singolo pezzo, erano una sorta di compenso morale. Una soddisfazione che mi spingeva a fare sempre meglio». Ben presto colpito dal lavoro dei maestri vetrai, seguì un corso sull’argomento e si cimentò nel compimento di vetrate rilegate in piombo, in lampade Tiffany e in una sua linea di bijoux nata da materiali diversi come rame, alluminio, pelle. Sin da bambino annotava su un foglio le sue idee disegnandole ed oggi le sue opere pittoriche stupiscono per essere al tempo stesso artistiche ed artigianali, composte da una tecnica mista che vede mettere in atto oltre che i suoi sprizzi di libera fantasia anche le tecniche artigiane.